Gerald Durrell, "La mia famiglia e altri animali". una famiglia improbabile sotto il sole greco
- The Introvert Traveler
- 20 mag
- Tempo di lettura: 3 min

Autore e titolo: Gerald Durrell – La mia famiglia e altri animali
Sintesi: Un memoir naturalistico che è in realtà una commedia di costume piena di gechi, fucili e sarcasmo britannico.
Per chi: Consigliato a chi ama l’umorismo intelligente, i viaggi senza retorica e gli animali con personalità più sviluppata di certi esseri umani.
Mio giudizio: 5 / 5. Un classico da leggere (o rileggere) per ricordarsi che scrivere bene significa anche non prendersi troppo sul serio.
Se siete appassionati lettori dei libri di P.G. Wodehouse a amate visceralmente i documentari divulgativi di David Attenborough, Gerald Durrell è lo scrittore che fa per voi.
Pubblicato per la prima volta nel 1956, La mia famiglia e altri animali è il primo volume della cosiddetta "trilogia di Corfù", e racconta (più o meno) i cinque anni che Durrell passò, da bambino, sull'isola greca con la sua bizzarra famiglia britannica. Il “più o meno” è d’obbligo, perché quello che troviamo qui non è un memoir realistico, ma una commedia brillante travestita da autobiografia zoologica.
Una famiglia poco “british”, molto teatrale
La vera protagonista del libro è la famiglia Durrell: la madre svagata e onnipresente con tè e pantofole, il fratello Larry (sì, quel Lawrence Durrell), scrittore in erba e polemista di professione, Leslie ossessionato dalle armi, Margo in perenne crisi adolescenziale. Gerald, il più piccolo, è il narratore silenzioso e implacabile che osserva tutto con occhi da naturalista precoce e ironia tagliente.
La loro vita a Corfù, negli anni ’30, è una continua sfilata di disastri domestici, animali incontrollabili e personaggi locali talmente assurdi da sembrare inventati. E invece no: pare fossero reali. O almeno, lo erano abbastanza da meritarsi un ritratto letterario memorabile.
Più animali che metafore (per fortuna)
Durrell amava davvero gli animali – e si capisce. Le descrizioni degli insetti, degli uccelli, delle tartarughe e dei cani sono dettagliate ma mai noiose. Anzi, c’è una comicità profonda nella coesistenza tra natura selvaggia e natura umana. I pipistrelli in soggiorno, i gabbiani adottati, le mantidi religiose sul tavolo della colazione: ogni creatura diventa un pretesto per raccontare il disordine del mondo, con leggerezza ma anche con rispetto.
E qui sta la forza del libro: non è un diario di viaggio, non è un manuale di etologia, non è un romanzo. È un ibrido perfettamente riuscito, che riesce a farti ridere senza mai diventare stupido, e a insegnarti qualcosa sulla biologia senza mai far finta di essere serio.
Una Grecia luminosa, pre-instagrammabile
La Grecia di Corfù esce da ogni pagina con una forza visiva che ti resta addosso. C’è il sole che filtra tra gli ulivi contorti, il profumo acre del timo selvatico, il mare trasparente che sembra fatto apposta per accogliere piccoli naufragi e immersioni infantili. Le case bianche, gli insetti che friniscono, i pescatori taciturni, i mercati colorati. È una Grecia ancora povera, pre-turistica, dove tutto è un po’ sgangherato ma straordinariamente autentico, e dove l’ospitalità non è un mestiere, ma uno stato mentale.
Corfù, in particolare, è descritta come un luogo sospeso tra natura mediterranea e caos domestico: un piccolo paradiso anarchico, perfetto per ospitare sia una collezione di lucertole che una famiglia britannica fuori controllo. E alla fine ti viene quasi voglia di andarci anche tu – non tanto per “ritrovare te stesso”, ma giusto per vedere se davvero esistono ancora angoli di mondo dove la bellezza non è ancora finita dentro una gallery di stock photos.
Perché leggere oggi Gerald Durrell (e sì, ancora funziona)
In tempi in cui ogni viaggio viene documentato con sei filtri e venti hashtag, La mia famiglia e altri animali è una boccata d’aria fresca. È un libro sullo stare in un luogo con curiosità, ironia e disponibilità all’imprevisto, senza moralismi ecologisti, senza ansia di performance, senza bisogno di dimostrare nulla.
Durrell ha uno stile che potremmo definire “inglese anni ’50”, ma senza la noia del tè delle cinque. La scrittura è fluida, visiva, piena di ritmo e di battute fulminanti, con quel tipo di understatement che riesce a farti ridere nonostante la compostezza. Un’arte perduta, oggi che tutto dev’essere o commovente o indignato.
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