Recensione del libro "Diario di bordo dal Mare di Cortez" di John Steinbeck
- The Introvert Traveler
- 15 mag
- Tempo di lettura: 3 min

C’è un particolare splendore nei libri scritti da uomini colti che si concedono il lusso di non ostentarlo. Diario di bordo dal Mare di Cortez di John Steinbeck è una di queste rarità: un’opera che unisce la sobrietà narrativa a una densità intellettuale disarmante, e che riesce a essere al contempo diario scientifico, riflessione ecologica, meditazione filosofica e racconto d’avventura.
Pubblicato nel 1951, ma frutto di un viaggio del 1940 lungo il Golfo di California (anche noto come "Mare di Cortez"), il libro è il resoconto del viaggio compiuto dallo scrittore insieme al biologo marino Ed Ricketts — figura cruciale non solo per l’ecologia americana, ma anche per la stessa evoluzione della prosa steinbeckiana, alla cui memoria l'autore rende un commosso e amicale omaggio nella prefazione. Questo non è solo un diario di esplorazione scientifica: è il ritratto profondo di un’amicizia virile, forgiata nella fatica e nel silenzio, nutrita da bottiglie di birra condivise e da riflessioni sul significato della vita, della conoscenza, della morte.
John Steinbeck: Stile asciutto e colto, mai gratuito
Lo stile di Steinbeck in questo libro è un miracolo di equilibrio: asciutto, mai ridondante, ma innervato di un'erudizione che non ha bisogno di mettersi in mostra. La prosa procede a piccoli tocchi, spesso scabra, come se si trattasse del logbook di un marinaio esperto, ma poi si apre improvvisamente in squarci filosofici che rivelano la profondità dello sguardo dell’autore. La lezione dei presocratici, la lezione taoista, il relativismo epistemologico: tutto trova spazio tra un granchio catalogato e una secca esplorata al tramonto.
Una visione del mondo incarnata nel viaggio
Le dotte divagazioni di Steinbeck — talvolta con venature quasi zen — non sono mai esterne all’esperienza, ma nascono dal contatto fisico, corporale, con il mondo naturale. Il mare non è qui soltanto un contenitore biologico, ma un’entità viva, da ascoltare, da decifrare. Il viaggio lungo il Mare di Cortez diventa quindi una sorta di pellegrinaggio laico, in cui la raccolta delle specie marine si accompagna a una riflessione sull’interconnessione tra esseri viventi, sull’unità profonda del bios. L’autore anticipa, senza proclamarlo, un pensiero ecologico che sembra anticipare di decenni il moderno ecologismo; incidentalmente, nel corso di questo viaggio, spara a squali e consuma pasti a base di delfini, il che potrebbe stridere un po' con la frequente esibizione di una spiccata sensibilità ecologica; del resto era un secolo fa e Jacques Cousteau doveva ancora vivere la Palma d'Oro a Cannes con Il Mondo del Silenzio, dove tra l'altro fa esplodere barriere coralline con la dinamite e pone fine alla vita di cuccioli di balena arrotandoli con l'elica della Calypso.
Amicizia virile e calore umano
Una delle dimensioni più affascinanti del libro è quella affettiva: dietro la cronaca scientifica e la sobrietà stilistica, Steinbeck lascia emergere una tenerezza rara, quella che lega due uomini capaci di condividere silenzi e pensieri. C’è un calore implicito in queste pagine, che non ha bisogno di essere dichiarato: traspare nei piccoli gesti, nei dialoghi scarni, nella complicità silenziosa. È il calore di un buddy’s trip d’altri tempi, senza retorica, senza pose, dove l’amicizia è qualcosa che si costruisce più che si dice.
Un paradiso biologico ancora intatto
Il Mare di Cortez che emerge da queste pagine è un eden biologico, un laboratorio della vita ancora incontaminato (ma non mancano le rappresentazioni addolorate di sezioni di costa invase da spazzatura) di cui l'autore dà una rappresentazione quasi panteistica. Steinbeck e Ricketts lo esplorano con devozione, prendendo nota delle meraviglie che incontrano con lo stesso entusiasmo del naturalista e dello scrittore. Il lettore contemporaneo — costretto a fare i conti con la crisi ecologica — avverte con malinconia quanto questo sguardo fosse ancora possibile, e quale frazione probabilmente resti oggi di un mondo che doveva apparire come un eden all'autore, quasi un secolo fa.
Conclusione
Diario di bordo dal Mare di Cortez è uno di quei libri che sfidano la classificazione: è insieme saggio, racconto di viaggio, trattato filosofico e memoriale. È un’opera che chiede attenzione e restituisce molto di più: una visione del mondo, un'etica della conoscenza, un'estetica della sobrietà. In tempi di narrativa urlata e inflazionata, leggere Steinbeck è come incontrare un uomo che parla a bassa voce — e proprio per questo, lo si ascolta con più intensità.
Una lezione di vita, narrata con uno stile che riesce a essere insieme secco come la sabbia e profondo come l’oceano e con un umorismo pungente che attraversa tutto il libro.

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