
Ultima visita: settembre 2023
Mio giudizio: 7/10
Durata della visita: 2 ore
Per chi: per gli appassionati di storia e archeologia
Introduzione
Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma rappresenta uno dei più importanti centri espositivi dedicati alla civiltà etrusca. Collocato nella splendida cornice di Villa Giulia, il museo non è soltanto un contenitore di reperti straordinari, ma anche un luogo in cui il visitatore può immergersi nell'estetica rinascimentale dell'edificio, in armonioso dialogo con l'antichità. Fondato nel 1889 per raccogliere le testimonianze etrusche provenienti dal Latium Vetus, dalla Sabina e dall'Etruria Meridionale, il museo oggi ospita una collezione che spazia dai corredi funerari alle terrecotte architettoniche, fino a eccezionali manufatti d’arte figurativa.
Il museo, oltre a contenere una quantità soprendente di manufatti di grande interesse e di opere pregevolissime dal punto di vista artistico (in particolari numerosissimi vasi attici, frutto di un'intensa attività commerciale fra la civiltà greca e quella etrusca), è un vero e proprio percorso iniziatico alla conoscenza della civiltà etrusca, che raggiunse un grandissimo livello culturale, tecnologico ed artistico e fu definitivamente integrata nella civiltà romana in tempi molto avanzati, prossimi all'inizio del I secolo d.c.

Villa Giulia: Il Contenitore Rinascimentale
Villa Giulia, edificata tra il 1551 e il 1553 per volere di papa Giulio III, rappresenta uno degli apici della villa suburbana rinascimentale romana, coniugando organicamente principi vitruviani e suggestioni antiquarie in un progetto di straordinaria coerenza formale. Concepite come dimora di delizie, le strutture della villa si articolano in una successione di spazi calibrati secondo un rigoroso impianto geometrico, che trova il proprio fulcro nella sequenza dei cortili e nel ninfeo monumentale.
L’architettura della villa si deve a un’équipe di progettisti di assoluto rilievo: Jacopo Barozzi da Vignola curò la definizione generale dell’impianto, mentre Bartolomeo Ammannati contribuì in modo determinante all’organizzazione scenografica del giardino e del ninfeo. Giorgio Vasari, presente nel cantiere, collaborò soprattutto negli apparati decorativi. L’organismo architettonico si articola in un volume principale rettangolare, con un portico tripartito che introduce al cortile d’onore, chiuso da un’esedra e scandito da colonne doriche a cui si sovrappone un ordine ionico. L’uso del bugnato liscio e delle cornici modanate conferisce sobria eleganza alla facciata, dominata da un attico con aperture rettangolari alternate a nicchie.
Elemento di assoluta singolarità è il ninfeo, concepito come un’architettura scenografica disposta su più livelli, che riprende i modelli delle grotte artificiali antiche. L’accesso è segnato da una loggia arcuata, oltre la quale si apre uno spazio ipogeo ornato da mosaici, stalattiti in stucco e mascheroni dalle influenze manieriste. Il ninfeo, concepito per celebrare il potere papale in chiave mitologica, culmina in una fontana monumentale con giochi d’acqua, incorniciata da un emiciclo con ordini sovrapposti, in cui si fondono armoniosamente elementi rustici e classicheggianti.
Villa Giulia, pur essendo concepita come luogo di otium, incarna un raffinato equilibrio tra erudizione antiquaria e razionalità compositiva, anticipando molte soluzioni del classicismo barocco.
Il Sarcofago degli Sposi
Tra le opere più celebri del museo spicca il celeberrimo Sarcofago degli Sposi, un capolavoro della scultura etrusca in terracotta policroma risalente al VI secolo a.C. e proveniente da Cerveteri: il manufatto rappresenta una delle più alte espressioni dell'arte plastica etrusca d’epoca arcaica. Il sarcofago, a forma di letto conviviale (klinè), raffigura una coppia sdraiata con espressioni serene e gestualità affettuosa. L’opera testimonia il ruolo sociale della donna etrusca, significativamente più emancipata rispetto alle coeve società greca e romana. Lo stile fluido e la vivacità espressiva rendono il sarcofago un emblema dell’arte etrusca arcaica.
Dal punto di vista tecnico, il manufatto è composto da più frammenti cotti separatamente e successivamente assemblati, una prassi tipica dell’arte fittile etrusca, la cui esecuzione richiedeva una notevole perizia nella modellazione e nella cottura. La terracotta, policroma in origine, conserva ancora tracce di pigmenti, suggerendo l’uso del colore per enfatizzare dettagli anatomici e vestiari.
L’iconografia del sarcofago si distacca dalle consuetudini funerarie greche e italiche coeve, che tendevano a raffigurare i defunti in pose statiche o ieratiche. Qui, invece, si assiste a una scena di simposio, in cui i due personaggi, con volti stilizzati di evidente matrice ionica, sono ritratti in una posa serena e affettuosa. L’uomo, avvolto in un leggero mantello, compie un gesto accogliente con il braccio destro, mentre la donna, adornata di gioielli e con un copricapo tipico delle matrone etrusche, estende il braccio sinistro in un gesto che potrebbe alludere al rituale del pouring o a un'offerta simbolica.
L’opera testimonia il prestigio della classe aristocratica etrusca e il ruolo preminente della donna nella società, in netto contrasto con la condizione femminile nel mondo greco contemporaneo. La resa plastica dei corpi, con proporzioni allungate e sorrisi arcaici, si inserisce pienamente nello stile ionico orientalizzante, diffuso in Etruria grazie ai contatti con il mondo greco-anatolico.
L’importanza del Sarcofago degli Sposi risiede, dunque, non solo nella sua straordinaria fattura artistica, ma anche nel messaggio culturale sotteso: una visione della vita ultraterrena permeata di convivialità, affetto e parità sociale, tratti distintivi della civiltà etrusca.

L’Apollo di Veio
Altro caposaldo della collezione è l’Apollo di Veio, capolavoro della scultura etrusca arcaica (fine VI sec. a.C.), è un’imponente statua fittile policroma, attribuita alla bottega del maestro Vulca, attivo nel santuario di Portonaccio a Veio. Conservata presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, essa costituisce un esempio paradigmatico della scultura votiva etrusca, esemplificando l’abilità tecnico-artistica nella lavorazione della terracotta.
L’opera, alta circa 1,80 metri, faceva parte di un ciclo decorativo acroteriale che ornava il tetto del tempio dedicato a Minerva. La figura dell’Apollo è colta in un dinamico avanzamento, con la gamba sinistra protesa in avanti e il busto leggermente inclinato, conferendo un senso di movimento quasi scenografico. Il modellato, pur risentendo ancora delle convenzioni arcaiche ioniche, manifesta un’intensa espressività, con il volto caratterizzato da un sorriso arcaico e grandi occhi a mandorla. Il corpo, coperto da un chitone aderente e da un corto mantello drappeggiato, esprime una raffinata sensibilità plastica, enfatizzata dai dettagli anatomici resi con solchi incisivi.
La tecnica policroma, testimoniata da tracce di pigmenti, suggerisce una resa vivace e teatrale, funzionale alla percezione della statua nel contesto templare. Il confronto con il contemporaneo Apollo di Tenea attesta il persistere dell’influenza ionico-attica, mediata tuttavia da una peculiare interpretazione etrusca, in cui si avverte la tensione tra tradizione orientalizzante e innovazioni stilistiche che anticipano la piena fase classica.

La cista Ficoroni
La Cista Ficoroni, capolavoro dell’arte toreutica etrusco-italica, è un raffinato contenitore bronzeo di epoca ellenistica (IV secolo a.C.), conservato presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Scoperta a Palestrina, l’antica Praeneste, rappresenta una delle più celebri ciste prenestine, prodotte con la tecnica dell’incisione a bulino e della fusione a cera persa.
La cista è cilindrica, con coperchio sormontato da una statuetta in bronzo raffigurante Dioscuri stanti, elemento tipico del repertorio iconografico greco. Le anse laterali zoomorfe, a forma di teste di leone, sono fuse a parte e applicate. La decorazione incisa sul corpo della cista è di straordinaria finezza: illustra un episodio del ciclo tebano, il riconoscimento di Anfiarao da parte di Erifile, un soggetto di derivazione ellenica ma rielaborato secondo un gusto italico.
L’iscrizione dedicatoria posta sul coperchio, attribuita alla donatrice Dindia Macolnia, testimonia il prestigio della cista come oggetto di corredo aristocratico. La funzione della cista era legata al mondo femminile, destinata a contenere strumenti per la cosmesi, riflettendo il sincretismo culturale tra Etruschi, Latini e Greci.
Il valore della Cista Ficoroni risiede non solo nella sua perizia esecutiva, ma anche nella sua capacità di rivelare le interazioni artistiche e sociali nell’Italia centrale del IV secolo a.C., offrendo un emblema del lusso e della raffinata sensibilità iconografica delle élites prenestine.
La Tomba dei Rilievi
Una delle sezioni più suggestive del museo è quella dedicata ai corredi funerari, tra cui spiccano i materiali provenienti dalla Tomba dei Rilievi di Cerveteri. Questo ipogeo, risalente al IV secolo a.C., è celebre per le sue decorazioni a stucco che simulano arredi e oggetti della vita quotidiana, restituendo un vivido spaccato dell’esistenza etrusca. L’accuratezza delle raffigurazioni, dalle armi agli utensili domestici, testimonia la credenza nell’aldilà come prolungamento della vita terrena, un tratto peculiare della spiritualità etrusca.
La Lamine di Pyrgi
Le Lamine di Pyrgi, incise in oro e databili al V secolo a.C., rappresentano una delle più importanti testimonianze epigrafiche della civiltà etrusca. Ritrovate nel santuario di Pyrgi, antico porto di Cerveteri, queste iscrizioni bilingui in etrusco e fenicio attestano i rapporti commerciali e culturali tra gli Etruschi e il mondo semitico. Il loro contenuto, relativo a una dedica alla dea Uni (assimilata alla fenicia Astarte), costituisce una fonte primaria per la comprensione della religione e della politica etrusca nel Mediterraneo.

Il Cratere di Eufronio
Tra i reperti ceramici di maggior pregio si distingue il Cratere di Eufronio, un esempio superbo della ceramografia attica a figure rosse, attribuito al celebre ceramista greco Eufronio. Questo vaso, utilizzato per mescolare vino e acqua durante i banchetti, è decorato con scene mitologiche di grande finezza narrativa e stilistica. La presenza di manufatti attici in contesti etruschi dimostra il raffinato gusto delle aristocrazie locali e il loro ruolo di mediatori culturali tra il mondo greco e l’Italia antica.
Le Oreficerie di Tarquinia
Uno dei nuclei più preziosi del museo è costituito dalle oreficerie di Tarquinia, tra cui si annoverano fibule, pendenti e diademi in oro finemente lavorato. Questi gioielli, eseguiti con la tecnica della granulazione, mostrano un virtuosismo tecnico che rivaleggia con le migliori produzioni orientali. L’oro, simbolo di status e di potere, non era soltanto un ornamento, ma assumeva anche un valore rituale, come testimoniano le deposizioni funebri.
Conclusioni
Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia non è soltanto un luogo di esposizione, ma un ponte tra passato e presente, tra cultura etrusca e sensibilità moderna. Le sue collezioni, tra le più ricche e affascinanti al mondo, restituiscono un’immagine vivida di una civiltà che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia d’Italia. La visita a Villa Giulia si configura dunque come un’esperienza imprescindibile per chiunque desideri comprendere le radici culturali della penisola e immergersi nella grandezza dell’antico popolo etrusco.
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