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Raja Ampat, il paradiso subacqueo (Appunti di viaggio)

Immagine del redattore: The Introvert TravelerThe Introvert Traveler

Se siete appassionati di diving avrete sicuramente sentito parlare di Raja Ampat, la località indonesiana che da anni si sta facendo strada a spallate, tra le mecche del diving, come la mecca più mecca di tutte le altre. Se la prospettiva di trascorrere un po’ di tempo tra coralli rigogliosi e esplosioni primordiali di vita subacquea vi ha già solleticati, avrete fatto qualche ricerca on line e, tra un’infinità di siti che, copiando uno dall’altro, ripetono tutti le stesse informazioni, avrete trovato una parola ricorrente: biodiversità. A Raja Ampat è tutto biodiverso, c’è persino un resort che, in un accesso di creatività, ha deciso di chiamarsi Biodiversity. Il tutto, stando all’informazione online, prodiga di approfondimento e cura maniacale della qualità dell’informazione, pare risalga a un giorno in cui un professore di biologia, in una singola immersione, contò ben 258 specie animali diverse. Ora, io non so bene quante siano le specie che un professore medio di biologia marina identifica normalmente nel corso di un'immersione, né so come faccia un singolo essere umano a catalogare 258 specie in una singola immersione (segna delle barrette su una lavagna? Le tiene tutte a mente? Quanti minuti di deco servono per contare 258 specie? La nota tendenza che i pescatori hanno nell'esagerare le misure delle proprie catture colpisce anche i professori di biologia marina nel quantificare le specie identificate in una singola immersione?).



Fatto sta che, come spesso accade su Internet, la notizia è sfuggita di mano e ora ogni sito che tratta di Raja Ampat non può esimersi dal citare questo gustoso aneddoto e l’informazione commerciale stereotipata che cerca di vendere Raja Ampat come il luogo dove devi andare se sei veramente fico e vuoi distinguerti dalla massa bovina che affolla le Maldive punta tutto sul fattore biodiversissimo della biodiversità. Normalmente, nella comunicazione stereotipata, alla citazione della biodiversità segue immancabilmente l’enunciazione delle due specie autoctone per eccellenza: lo squalo wobbegong e il cavalluccio marino pigmeo, il primo, un piccolo prodigio evolutivo ottenuto frullando insieme uno squalo, un tappeto, un leopardo e delle concrezioni di licheni, il secondo un concentrato di pucciosità bianco-cremisi in qualche millimetro quadrato che difficilmente coglierà la vostra attenzione se siete presbiti e non avete l’abitudine di immergervi con i vostri occhiali da lettura. Fine. Il marketing superficialotto dilagante sembra non cogliere l’imbarazzante iato tra la cifra mirabolante sparata con petardi e fuochi di artificio (258 specie! In una sola immersione!) e il numero 2. Me la immagino la scena tra i marketer del settore turismo, posso quasi vederla: “devo stupire il mio lettore parlando di un posto che ha 2 specie autoctone” “aggiungi un 48, 248 e più figo di 2” “mi piace come ragioni”. Ma anche voi siete consumatori medi, vi piace sospendere l’incredulità per coltivare un nuovo sogno.



E allora eccovi su un aereo a imbarcarvi per un viaggio interminabile verso uno dei luoghi più remoti del mondo, con il vostro ingombrante e fottutamente pesante borsone pieno di mute ed erogatori; saranno 48 cazzo di ore di viaggio per inseguire il cazzo di puccioso cavalluccio sgargiante, con scali a Doha, Jakarta, Makassar, Sorong; un tempo talmente dilatato che farete in tempo a invecchiare e diventare maturi, al punto che le compagnie aeree locali che vi faranno salire su un aereo, scendere, uscire dall’aeroporto, rientrare, rifare i controlli di sicurezza, vi sembreranno semplicemente una biodiversissima e spassosa burla. Quando finalmente arriverete a Sorong e vi imbarcherete su un sedicente traghetto claustrofobico e affollato, comincerete ad apprezzare la biodiversità di una terra di confine nella varietà etnica della popolazione locale, che alterna i ceppi asiatici e aborigeni con la stessa creatività profusa nel concepimento del wobbegong. E guardando fuori dall’oblò il panorama di palafitte, scafi esili e puntuti, pagode, non potrete fare a meno che constatare che dopo tanti sacrifici siete finalmente arrivati nel sud est asiatico.



Madre natura allora, per nulla esausta dopo la creazione di tanta biodiversità, vi stupisce con una tavolozza di colori e paesaggi che farebbero venire voglia a James Çameron di mettere in produzione altri 7 capitoli di Avatar: pinnacoli rocciosi erosi dalle maree e verdeggianti di centinaia di specie vegetali biodiversissime; sfumature di verde cromadiversissime, blu, azzurro, ciano, indaco, cobalto come neanche in tutti i periodi di Picasso messi insieme. E purtroppo, di tanto in tanto, anche incuria, trascuratezza e spazzatura plasticodiversissima sulla terra e sull’acqua; che però non riescono a intaccare la meraviglia della natura. Lo yin e lo yang del sublime e dell’orrido. Ma dopo un viaggio interminabile si tratta degli ultimi sforzi per raggiungere un paradiso che ha il nome di Agusta Eco Resort; qui l'abilità commerciale dell’esagerazione e della manipolazione non sono arrivate; il proprietario è un medico italiano che evidentemente ha dedicato la propria vita più alla concretezza che all’effimero e, più che spingere l'acceleratore su un marketing mirabolante, si è dedicato a realizzare un piccolo gioiello della ricettività... facendo il possibile perché il mondo non lo conoscesse; un posto scelto con qualche titubanza dopo aver visto qualche video subpar su YouTube e aver valutato un prezzo vantaggioso, si rivela un affare sensazionale: l'isola è un vero e proprio paradiso di sabbia di calce bianca biodiversissima dove, seduti tra migliaia di granchi e paguri intenti nella loro frenetica attività, si può trascorrere il tempo osservando il falco locale che caccia tuffandosi nell'acqua, o, facendo qualche passo in più, ci si può tuffare nell'acqua cristallina per godere di un magnifico drift-snorkeling tra calamari, branchi di pesce azzurro e squali pinna nera che, entro la fine della vacanza, chiamerete per nome (Efisio, Tore, Gavino e Franco).



Il ristorante locale offre un mix entusiasmante di cucina italiana ed indonesiana di qualità eccellente e al termine della cena è così dolce addormentarsi nei bungalow, spartani ma graziosi, cullati dal rumore dell'oceano. Intendiamoci, non siamo in uno di quei resort artefatti delle Maldive da 5.000 euro a notte dove tutto sembra fatto per Instagram ed è talmente perfetto da sembrare artefatto; l'Agusta Eco Resort è un posto realizzato in economia senza lussi in eccesso, ma ciò che qua e là perde in lussuosità guadagna sicuramente in autenticità e al termine dell'estenuante viaggio di 48 ore, camminando sulla spiaggia ammirando i colori della natura, o dondolando i piedi dal pontile e scrutando la vita che pullula nell'acqua pochi centimetri più in basso, avrete l'impressione di trovarvi niente meno che in paradiso.


E sebbene il viaggio per arrivare nel più remoto angolo del pianeta sia realmente stremante, oltre che biodiverso, non potrete resistere quando all'imbrunire venite informati che di lì a poco uscirà una barca per un'immersione notturna ed eccovi lì a indossare faticosamente la muta anziché il pigiama, chiedendovi se non sia follia tutta questa fatica e se la prima immersione non possa attendere una notte di sonno ristoratore. 3, 2, 1, l'impatto con l'acqua, qualche istante di disorientamento, un veloce check dell'assetto e della pesata e il miracolo ha inizio.


Perché a dispetto della dovuta ironia sui luoghi comuni dei social e dell'internette, quello che vi si manifesta davanti agli occhi è veramente un prodigio della natura che, per una volta, supera e trascende la comunicazione patinata e biodiversa propinatavi da tanti influencer nei mesi precedenti alla vostra partenza; per una volta nella becera dialettica tra Instagram e Reality è quest'ultima che vince, ma che dico "vince", trionfa.



Il mare della Papua, biodiversissimo, sboccia in un esibizionismo biodiverso e senza pudore, rigurgitando a ogni biodiverso istante, ogni combinazione concepibile e inconcepibile di colori, coralli, spugne, vertebrati, invertebrati, elasmobranchi, gnatostomi, carangidi, serranidi, labridi, Sphyraenidae, Gobiidae, Choridactylinae, Syngnathidae, Microdesmidae, pesci angelo, gorgonie e l'elenco deve terminare per respirare, tanto è l'entusiasmo di pronunciarlo tutto d'un fiato. E' un'intera cazzo di encicolpedia di ittiologia e zoologia degli invertebrati che vi si spiega davanti agli occhi.

La cosa buffa è che al termine della vacanza, dopo meno di 30 immersioni, questa prima immersione vi sembrerà quasi ordinaria, perché nei giorni successivi, a ogni immersione, Raja Ampat sfornerà una tale varietà di colori, condizioni di immersione, paesaggi sottomarini e ovviamente di biodiversità, alzando continuamente l'asticella dello stupore, che il fatto di aver visto in una singola immersione di tutto, dal pesce rana al pesce coccodrillo, dal famigerato polpo dagli anelli blu al riccio di fuoco, vi sembrerà quasi scontato.

Ciò che lascia stupefatti, infatti, non è solo la biodiversità (sia mai...) di questo prodigioso e remoto anfratto di pianeta, ma anche la varietà dei paesaggi subacquei, che alternano pareti verticali di roccia, giardini sterminati di coralli molli, distese di sabbia popolate da praterie di piante, dolci declivi di scogli che in pochi metri d'acqua rigurgitano frenetica vita subacquea, foreste di mangrovie, pontili dismessi mutati in territori di caccia per predatori, grotte e trafori.



Se dovessi indicare la sensazione più ricorrente, sopra e sotto all'acqua, percepita in una settimana trascorsa a Raja Ampat, è una biodiversa e costante sensazione di stupore che ti prende alla bocca dello stomaco e ti porta stabilmente a uno stato di commozione, in perenne prossimità al prorompere in lacrime; questo accade già alla seconda immersione, la prima diurna, quando non fai in tempo a raggiungere il fondale che ti si para davanti il primo dei tanti magnifici squali wobbegong, uno dei tanti che vedrai in una settimana, al punto di darli per scontati salvo poi rimpiangerne la visione per gli anni a venire; o quando a Manta Sandy, dopo molti minuti trascorsi sul fondale, aggrappato a una roccia per non essere trascinato via dalla forte corrente, proprio nel momento in cui la noia comincia a fare capolino insinuandoti in testa il dubbio se non sarà quella la prima immersione in cui non vedrai nulla, il tuo buddy ti strattona violentemente per un braccio e voltandoti alla tua sinistra vedi due gigantesche, magnifiche, commoventi mante fluttuare e danzare sopra di te, indifferenti alla spinta dell'intero oceano; o quando a Rufas Island resti attonito nel contemplare decine di migliaia di avannotti muoversi in massa all'unisono, coordinati in stormi trafitti da carangidi che saettano a caccia, in una coreografia sottomarina di vita e morte; o ancora quando, in un trasferimento in barca, la superficie del mare improvvisamente si anima, sconvolta da decine di delfini che cacciano un gigantesco branco di pesci che cercano invano rifugio infrangendo a centinaia il confine tra acqua e aria; o quando a Cape Kri, mentre pinneggi lungo la parete un po' in affanno per la corrente contraria, improvvisamente ti volti alla tua destra per vedere un piccolo branco di elegantissimi barracuda che, per nulla intimoriti, ti affiancano apparentemente intenzionati a farsi gioco della tua inesistente idrodinamicità; o quando a Melissa's Garden, contemplando la distesa di coralli molli e colori, resti attonito, chiedendoti se sia veramente il pianeta terra quello che hai davanti agli occhi, o piuttosto qualche pianeta alieno, tanto la varietà di forme e colori appare inedita ai tuoi sensi; o ancora quando a Sauwandarek guardi con perplessità la tua guida subacquea che ti invita a tuffarti di fronte a un apparentemente insignificante villaggio, in pochi metri d'acqua, chiedendoti se non ti stiano portando a sprecare una delle tue poche preziose immersioni, portandoti per pigrizia in un posto facilmente raggiungibile, salvo riemergere 50 minuti dopo al limite della commozione per aver vissuto una delle esperienze più belle della tua vita, contemplando, minuto dopo minuto, squali, branchi di mobule, tartarughe gigantesche, colossali branchi di carangidi, dolcilabbra e coralli, coralli, coralli; o quando, nei trasferimenti in barca ti perdi a contemplare il panorama fatto di pareti di roccia sommerse da una quantità di vegetazione di cui non riesci a capacitarti, di un verde così intenso da fare male agli occhi, in una perenne variazione di quel paesaggio esotico che trova l'espressione più celebre nell'immagine di Piaynemo che, con biodiversa puntualità, viene riprodotta in ogni pagina web che tratta di Raja Ampat.





Un viaggio a Raja Ampat è un'esperienza senza pari, un'emozione continua, la cui intensità è pari solo allo sconforto che vi assalirà quando, al termine del viaggio, getterete gli ultimi sguardi a quei luoghi magnifici, cercando di riempirvene gli occhi, mentre con malcelata invidia, salendo sulla barca che vi riporterà a Sorong, osservate chi, come voi stessi una settimana prima, arriva a sostituirvi con gli occhi già pieni di stupore alla prima visione del paradiso indonesiano.



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