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Dove mangiare a Istanbul: Sultanahmet Köftecisi, l'agnello di Dio macellato e cotto alla perfezione a due passi da Hagia Sophia

  • Immagine del redattore: The Introvert Traveler
    The Introvert Traveler
  • 17 dic
  • Tempo di lettura: 3 min
Sultanahmet Köftecisi, Istanbul

Ultima visita: giugno 2026

Mio giudizio: 8.5/10

Prezzo: €€/€€€€€


Ci sono ristoranti che non hanno bisogno di presentazioni, altri che non hanno bisogno di arredamento, e infine c’è Sultanahmet Köftecisi, che non ha bisogno di nulla: né insegne luminose, né tavoli instagrammabili, né camerieri addestrati a sorridere. Sta lì, immobile, da decenni, con la stessa schiettezza di un vecchio artigiano turco che ti guarda da sopra i baffi e ti fa capire che sì, puoi ordinare ciò che vuoi — ma tanto sai già cosa sei venuto a mangiare.

E questo è, in fondo, il suo fascino irresistibile: la quintessenza del locale “senza fronzoli”, quello davvero autentico, che non ha mai sentito il bisogno di compiacere il turismo di massa. Sultanahmet Köftecisi è l’opposto speculare dei ristorantini-trappola che sbucano intorno alla piazza. Qui non troverai decorazioni orientaleggianti, teli colorati, lanterne sospese, né alcuna invenzione estetica finalizzata a trasmettere “atmosfera turca”. Qui si mangia e basta e l'atmosfera è realemente "turca". Gli avventori sono quasi esclusivamente locali; nulla tradisce il tentativo di strizzare l'occhio ai turisti, se non la concessione di tradurre il menu anche in inglese; alle pareti fanno mostra di se, un po' ingiallite, esclusivamente foto di celebrità e autorità locali, a partire da Mustafa Kemal Atatürk che a quasi cent'anni dalla propria morte, continua imperterrito a vigilare sull'operato dei cuochi e sull'autenticità ottomana dei sapori.

Il menu sembra scritto da una persona che odia le complicazioni: köfte, insalata, zuppa di lenticchie, pane. Stop. È un luogo dove il superfluo viene bandito con una grazia quasi metafisica, e dove scopri quanto sia liberatorio non dover decidere per dieci minuti cosa ordinare. È tutto talmente essenziale da sembrare, paradossalmente, un rituale.

Ma se le polpette — morbide, speziate il giusto, perfettamente grigliate — sono il motivo per cui tutti arrivano, i bocconcini d’agnello sono la ragione per cui torni. Teneri, succosi, aromatici, cotti con un’attenzione che sfiora la devozione; hanno quella tipica nota affumicata che sa di carbone vivo, di mani esperte, di mestiere. Un piatto così semplice da sembrare disarmante, ma così ben fatto da risultare inimitabile. Addenti un bocconcino, chiudi gli occhi sopraffatto dagli aromi, e pensi che quello non sia un agnello qualsiasi, ma l'Agnus Dei in persona.

Sedersi da Sultanahmet Köftecisi significa abbracciare una forma di minimalismo gastronomico che non ha nulla di trendy: niente musica, niente estetica curata, niente scuse. Solo tavoli veloci, un brusio costante, un via vai continuo di clienti e camerieri, e quell’odore di carne alla griglia che permea l’aria come un richiamo ancestrale. È un posto che ti ricorda cosa fosse davvero mangiare fuori prima dell’avvento delle recensioni, delle foto, delle aspettative estetiche: un luogo che resiste al tempo semplicemente facendo bene ciò che deve fare.

E poi c’è quella strana sensazione di trovarsi in una capsula temporale culinaria: esci dal locale, fai due passi e ti ritrovi davanti a Santa Sofia o alla Moschea Blu, ma per un attimo sei rimasto ancorato all’Istanbul di cinquant'anni fa.

In conclusione: se vuoi un’esperienza turistica seduta a un tavolo ben apparecchiato, vai altrove. Se vuoi la cucina reale, quella fatta di fumo, carbone, sapori netti e un servizio rapido come un colpo di frusta, allora Sultanahmet Köftecisi è la tua meta. Non ti coccola, non ti intrattiene, non ti racconta storie: ti sfama e ti gratifica con i sapori  — e lo fa con una dignità e un'eccellenza che oggi è sempre più rara.

Buon appetito — e buon ritorno all’essenziale.






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