La Blue Horizon è ormeggiata al termine di un lungo molo in prossimità di un albergo pseudo lussuoso, nella periferia sabbiosa e sbiadita di Hurghada.
A dispetto di tutto ciò di trascurato che c'è in Hurghada, all'ingresso del pontile veniamo accolti da una serie di impeccabili inservienti in divisa e auricolare, che si prodigano in ogni modo per prendersi cura dei nostri ingombranti e pesanti bagagli, caricarli su un pick up e consentirci di raggiungere la nave gravati solo dalla nostra esistenza.
E così, in costume da bagno e ciabatte, reduci dalle due prime immersioni a Hurghada, che dovevano essere solo dell'immersioni di ambientamento, ma che già hanno tolto il fiato, ci avviamo lungo il pontile in direzione della Blue Horizon.
Avvicinandosi alla nave è impossibile non notare una colossale figura che ci attende a braccia aperte sulla passerella della nave, con un sorriso che completa da parte a parte la linea orizzontale delle braccia spalancate. Apprenderò a breve che si chiama Ashraf e che sarà la nostra guida di immersione per una settimana; ha un sorriso contagioso e subito mi sento in vacanza. E' probabile che di me, in questo esatto momento, stia pensando che sono un bolso infedele mangia-maiali, ma è evidente che è pagato per farmi a sentire a mio agio e a quanto pare fa con professionalità il suo lavoro, e tanto mi basta; di certo il suo metro e novanta di altezza per 120kg, il carattere gioviale e chiassoso e l'inglese impeccabile sfidano abbastanza i luoghi comuni sugli egiziani.
Il primo passo sulla passerella della Blue Horizon è accompagnato da sentimenti contrastanti; da un lato l'entusiasmo di iniziare una vacanza avventurosa dove mi immergerò in reef verticali che sprofondano verso gli abissi, sperduti nel mezzo del mare, con l'aspettativa di tanti squali sul menu; non ci vuol molto a constatare che è quanto di più avventuroso abbia fatto nella mia vita; dall'altro lato, mi dà un po' di apprensione l'idea di una settimana in mare. La barca sembra essere a posto, ma è la prima volta in vita mia che starò una settimana di fila in mare: tanto maggiore il tempo in mare, tanto maggiori le probabilità di mal tempo. Questi egiziani sapranno navigare? Io sono italiano, navighiamo da millenni; loro, ok, 3000 anni fa hanno fatto qualche architettura pregevole, ma a Lepanto abbiamo fatto il culo a strisce a tutto il mondo arabo, e sui forum di subacquea nelle ultime settimane ho letto molte informazioni non proprio rassicuranti; molti episodi di navi per crociere subacquee andate a fuoco e colate a picco nel mezzo del Mar Rosso, non per eventi fortuiti ma a causa di una nota riluttanza da parte degli equipaggi egizi a rispettare le più elementari misure di sicurezza; poi ho letto di una compagnia che avrebbe l'abitudine di fallire ciclicamente, in modo da lasciare a bocca asciutta le richieste di risarcimento danni da parte dei clienti e tante altre storie che si raccontano ai subacquei bambini davanti al fuoco la notte di Halloween.
Comunque, messe da parte le inevitabili preoccupazioni, è ora di abbandonarsi a una settimana in cui vivremo mille emozioni, riempiremo i polmoni di aria di mare e salsedine, ammireremo le meraviglie del Mar Rosso, trascorreremo ore di indolenza su comodi divanetti, avremo libero accesso al frigo bar della nave e ci riempiremo gli occhi di tramonti rosso fuoco.
La prima memoria tattile della settimana di crociera viene acquisita nel momento in cui un membro dell'equipaggio chiede cortesemente di consegnare le scarpe, che verranno riconsegnate solo dopo una settimana al termine del viaggio. Vivere una settimana con i piedi nudi a contatto con il parquet della nave è impagabile, tanto quanto è avvilente il senso di costrizione che si prova, dopo una settimana rimettendo quelle scarpe che sono il primo preludio del rientro alla vita occidentale.
Il primo giorno si trascorre in porto, in attesa che la nave faccia rifornimento e cambusa. In queste ore si prende confidenza con la nave che, a dispetto delle storie dell'orrore lette sui forum di subacquea, trasmette un'apparente sicurezza; le zone di relax sono una gioia con i comodi divani in teak; la logistica dell’attrezzatura è perfetta, così come l’organizzazione, dalle stazioni di ricarica per le batterie di fotocamere e flash (prese occidentali, 4 per ogni stazione) alla tanica di acqua fresca per il risciacquo, al compressore con membrana che consente di lasciare il Gav attaccato alla bombola per tutta la settimana limitando al minimo il lavoro spiacevole del diver, non manca nulla.
Oltre a prendere confidenza con la nave e ad assaporare questa mezza giornata di iato tra il primo assaggio del Mar Rosso nelle acque vicine ad Hurghada e il vero e proprio inizio dell'avventura, intervallo di tempo perfetto per assaporare le aspettative per ciò che i prossimi giorni ci regaleranno, le prime ore sulla nave sono dedicate anche a studiare i compagni di avventura. La prima buona notizia è che non ci sono italiani, il che come minimo ci costringerebbe a un po' di relazioni sociali indesiderate, mentre così potremo dedicarci a fare la coppia asociale per una settimana agevolati dalle barriere linguistiche. Al netto della provvidenziale assenza di italiani, c'è un gruppo di afrikaaner estremamente rozzi; ascoltano musica di merda, imponendone l'ascolto a tutta la nave; probabilmente sono stati strenui sostenitori dell'apartheid e oggi sembrano essere strenui sostenitori dell'alcolismo, a giudicare dagli occhi annebbiati e dai volti consunti. Mi chiedo cosa spinga la gente ad ascoltare pessima musica quando potrebbe gioire del silenzio del mare e del canto dei gabbiani. Ho sempre la sensazione che questa gente abbia bisogno di un rumore di fondo che li distragga dal trovarsi a tu per tu con se stessi, una sorta di horror vacui dell'identità.
Poi c'è un cinquantenne con taglio militare, dall'impenetrabile accento britannico, occhiali da bodyguard, che legge libri militari, sembra l'agente Smith di Matrix; scoprirò presto che è un subacqueo tecnico, uno di quei pazzi che si immergono in disparte dal gruppo, con due o tre bombole sulla schiena a 100 metri di profondità; ha un compagno di avventura, un inglese sulla settantina che sembra uscito da un film di Sergio Leone e che, durante la prima traversata, quando onde lunghe di due metri di altezza sballotteranno non poco la nave, mentre tutti gli altri saranno intenti a vomitare, andrà in giro zompettando per la nave con equilibrio impensabile informando tutti con entusiasmo "this is nothing, it does get much worse than this!!".
C'è un ufficiale dell'esercito inglese con il figlio di 14 anni che ha appena 10 immersioni all'attivo e segue il padre nelle immersioni più impegnative; potrebbe sembrare un comportamento imprudente, ma il padre trasmette sicurezza e il figlio lo segue con entusiasmo e con maggior sicurezza di tanti subacquei apparentemente più titolati.
C'è un gruppo di belgi (uomini) con coppia lesbica.
Ci sono tre cinesi che sembrano che sembrano avere molti più soldi che buone maniere e poi, grazie a dio, c'è una ragazza sudafricana che ama il mare e parla con trasporto e precisione cartesiana di tutta la fauna marina e con generosità di tutti i posti che ha visitato.
Omero, nel proemio dell'Odissea dice che viaggiare per mare significa prima di tutto conoscere i pensieri delle genti e la sera a cena con gente di tante nazionalità, prima di lasciare gli ormeggi, respiri tante culture diverse, ma ti rendi anche conto di come ignoranza e volgarità possano assumere diverse forme in latitudini diverse.
La notte passa dormendo poco, un po' per il vento caldo che soffia da terra, un po' per l'irrequietezza del viaggio che sta per iniziare, un po' per il barcone di cafoni ormeggiato a fianco che allestiscono una discoteca di musica techno fino a tarda notte.
Ma poi la mattina seguente, mentre tutti siamo seduti a fare colazione, il motore diesel della Blue Horizon comincia a mugugnare e si parte.
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