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Immagine del redattoreThe Introvert Traveler

Racconto a puntate di due viaggi di immersioni nel Mar Rosso egiziano

Aggiornamento: 27 set

E così ha inizio la mia seconda vita.

La prima vita si è conclusa con il teatrino grottesco di un divorzio disastroso, con tutti i figuranti che tradizionalmente vi si accompagnano, i professionisti corrotti, i burocrati negligenti, le amicizie che si sfaldano, la salute che si disperde.

La seconda vita invece è iniziata con una nuova relazione sentimentale colma di aspettative ed entusiasmo e la condivisione di un nuovo hobby da coltivare in comune, la subacquea, da me sempre sognato e rimandato nel corso della mia precedente vita.

Ora è il momento di non rinviare al domani sogni e passioni. Ora è il momento di viverla questa vita; e dunque, completate le formalità, presi i brevetti necessari, acquistata l'attrezzatura, ci facciamo un regalo? Destinazione Mar Rosso, Egitto.



Bandiera egiziana a Hurghada
Hurghada

Dalla decisione alla prenotazione della nave passano poche ore, se non minuti; la scelta è piuttosto vincolata dalle disponibilità nelle date di partenza che abbiamo identificato, e cade sulla Blue Horizon, una bella nave dalle linee filanti; il percorso è avvicente, ma incute un po' di soggezione a due subacquei inesperti come noi: Brothers, Daedalus, Elphinstone, tre reef leggendari dispersi nel Mar Rosso, spuntoni di roccia che emergono verticali dagli abissi di un mare tra i più profondi del pianeta; BDE, come è familiarmente noto tra i subacquei, significa pareti verticali che sprofondano nell'abisso, brulicanti di coralli, possibilità di forti correnti e di mare nervoso... ma soprattutto vuol dire squali, e in particolare due specie, gli squali martello, che in molte località del mondo sono una rarità, ma che qui sono quasi garantiti. E così, all'emozione del primo esotico viaggio subacqueo, del primo vero battesimo del fuoco, se si eccettuano le poche immersioni italiane in condizioni di estrema sicurezza, si associa il timore reverenziale per i predatori degli abissi, l'esitazione sull'adeguatezza delle proprie capacità di fronte a tante nuove sfide. E' un'emozione fortissima, sì, da far battere il cuore al solo pensiero, ma un'emozione positiva e vitale.

Allora inizia il conto alla rovescia delle settimane che sembrano non passare mai, delle sere passate su Youtube a riguardare il video di quella volta che un subacqueo, proprio a Brothers, è stato attaccato a un polpaccio da un longimanus innervosito, i video istruttivi su come gestire le forti correnti e questa intensa attività formativa è efficace, perché così facendo le settimane effettivamente passano e arriva il momento di partire


Lasciare il mondo occidentale per la prima volta, dopo una vita intera consacrata alle responsabilità e al lavoro, a inseguire scadenze e obiettivi, è come immergersi in un sogno dai contorni sfumati. Da sempre radicato in una realtà fatta di certezze e routine, mi trovo a dover fare i conti con un disorientamento inaspettato. La solidità di ciò che conoscevo, del mondo che mi aveva accolto e formato, si dissolve all'aeroporto, quando l'aereo decolla e le luci della città si trasformano in una scia di punti luminosi nell'oscurità e le ore di volo si dilatano fino ai limiti della tollerabilità, perché giunti finalmente al momento della partenza, l'inizio dell'avventura diventa una necessità incoercibile e lo iato del volo, compresso in un carro bestiame dei cieli, un odioso differimento del viaggio vero e proprio.


Nemmeno lo scalo al Cairo appaga il desiderio di Egitto che si fa sempre più famelico. Cairo. Una parola evocativa. Solo leggerla sui pannelli dell'aeroporto dovrebbe far sussultare; la consapevolezza che là fuori, a pochi chilometri ci sono le Piramidi dovrebbe dare finalmente libero sfogo all'appetito del viaggiatore, che dovrebbe poter infine poter dire a se stesso "ci siamo, il viaggio sta iniziando"; ma quello del Cairo è un grande aeroporto internazionale, pullulante di viaggiatori di ogni cittadinanza e provenienza e, malgrado qualche ozioso militare in divisa dai tratti e dall'indole innegabilmente arabi, non si ha realmente la sensazione di essere finalmente arrivati in Oriente, in Egitto, in quella terra dalla storia infinita e dal fascino immenso; e allora bisogna abbandonarsi a un'altra tratta, rinviando ancora il climax e il sollievo di poter dire "si comincia".


L'aereo atterra a Hurghada quando la cittadina, a cui in generale non si può attribuire l'aggettivo di "frenetica", sonnecchia nella notte. Passati i controlli di sicurezza, minacciosamente focalizzati sull'assenza di droni nei bagagli dei turisti, si giunge finalmente all'uscita, dove le porte automatiche si spalancano su una parete solida di caldo afoso e umido che, alla prima boccata, penetra fluido dentro ai polmoni, dando immediatamente una sensazione di affogamento; non c'è tempo di riprendersi da questa inedita esperienza sensoriale che un tassista accogliente, anche se non del tutto rassicurante, corre verso di noi ripetendo il mio cognome con tono interrogativo. Fatti i convenevoli, il vettore indigeno si fa carico dei nostri bagagli (compreso il fottutissimo, pesantissimo, Cressi Gorilla da 24,8 kg, gonfio di attrezzatura subacquea) e ci fa strada attraverso i parcheggi vuoti e male illuminati dell'aeroporto fino alla sua auto. Non c'è tempo di chiedersi perché sia stato necessario parcheggiare in un luogo così distante e defilato, né di farsi cogliere da qualche apprensione, che siamo accomodati a bordo di una vetusta Mercedes dai sedili logori. Il tassista si accomoda al posto di guida, mi guarda ammiccante e chiede, quasi con tono supplicante, "Michael Schumacher?". La mia reazione mimica deve essere sufficientemente eloquente, perché poi il tragitto, a dispetto delle velleità agonistiche manifestate, è relativamente cauto e sicuro.

L'aspetto di Hurghada è curioso; il primo particolare che cattura l'osservatore sono l'asfalto, i cordoli, i marciapiedi levigati; viene subito da pensare che l'azione costante del vento e della sabbia finisca per lisciare tutte le superfici esposte all'azione degli elementi, ma poi lo sguardo sale lungo i palazzi per cogliere tanti, troppi ruderi di cemento che, anche avvolti nella notte, lasciano intravedere il proprio scheletro esposto fatto di calcinacci e tondini d'acciaio arrugginiti e concludere che non è solo il manto stradale ad essere trascurato, ma è tutta la città a esistere in un costante stato di precarietà, apparentemente prossima a essere sopraffatta dalla sabbia. E' difficile capire se tutte questi scheletri edili siano l'esito di inopportune iniziative imprenditoriali terminate precocemente per mancanza di fondi, o se piuttosto si tratti di demolizioni incompiute di palazzi che pure in passato hanno avuto una vita, ma è evidente che tutta la cittadina è in preda a una generale trascuratezza e a una diffusa inoperosità. Eppure Hurghada è una città che vive prevalentemente di turismo, dovrebbe essere una Rimini o una Miami della costa egiziana; questo decadimento è la conseguenza di un'espansione troppo ottimistica seguita da una crisi economica o è l'orgogliosa ostentazione di una mirabolante cialtroneria?

La mia curiosità si spegne all'arrivo in albergo, dove ci attende probabilmente il sesto veicolo militare in assetto antiterrorismo incontrato nel nostro breve tragitto. Non è più ora di speculazioni filosofiche, io ho finalmente avuto il mio agognato primo impatto con la società araba ed è ora di coricarsi perché per il giorno successivo ci attende un giornata fitta di impegni ed emozioni: prima dell'imbarco sulla Blue Horizon, previsto per le 6 di pomeriggio, ci aspettano due immersioni nei pressi di Hurghada con "Steve Scuba", un colossale e gioviale britannico che avrà il compito di iniziarci alle gioie delle immersioni subacquee nel Mar Rosso.








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