Ultima visita: gennaio 2022
Mio giudizio: 7/10
Durata della visita: un'ora

Il Cenacolo Vinciano, noto anche come L'Ultima Cena, è una delle opere più celebri della storia dell'arte e un punto di riferimento assoluto nella pittura rinascimentale. Realizzato tra il 1494 e il 1498 su commissione di Ludovico il Moro, il dipinto occupa la parete nord del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Quest’opera non solo segna un’evoluzione nella rappresentazione della narrazione sacra, ma è anche una testimonianza dell’approccio innovativo di Leonardo alla pittura e alla composizione visiva.
Contesto Storico e Commissione del Cenacolo di Leonardo
Il Cenacolo fu concepito in un momento cruciale della carriera di Leonardo da Vinci. Dopo aver trascorso un periodo a Firenze, l'artista si trasferì a Milano nel 1482 alla corte di Ludovico il Moro, dove divenne ingegnere, pittore e scenografo ufficiale. Il Ducato di Milano in quel periodo era uno dei centri più importanti del potere e della cultura nell'Italia rinascimentale, e Ludovico Sforza ambiva a consolidare il prestigio della sua dinastia attraverso opere d’arte e architettura.
La realizzazione dell'affresco si inserisce nel più ampio progetto di abbellimento del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie, un luogo di particolare importanza per la dinastia degli Sforza. La scelta del soggetto dell'Ultima Cena si allineava con la tradizione di decorare i refettori conventuali con scene della mensa di Cristo, intese a ispirare la meditazione spirituale dei monaci durante i pasti. Tuttavia, mentre molte delle rappresentazioni precedenti si attenevano a schemi rigidi e simmetrici, Leonardo rivoluzionò la composizione rendendola più drammatica e coinvolgente.
Leonardo, noto per la sua insaziabile curiosità scientifica e artistica, vide in questa commissione l'opportunità di sperimentare una nuova tecnica pittorica che gli permettesse di ottenere una maggiore finezza nei dettagli e un più raffinato chiaroscuro, caratteristiche non realizzabili con la tradizionale tecnica dell'affresco. Tuttavia, la sua ricerca dell’innovazione lo portò a scegliere una tecnica che si rivelò problematica per la conservazione dell’opera nel tempo.
Leonardo: Pittore o Scienziato?
Il ruolo di Leonardo da Vinci come pittore è stato spesso oggetto di discussione tra gli studiosi. Sebbene egli sia ricordato universalmente come uno dei più grandi pittori della storia dell’arte, il suo stesso atteggiamento nei confronti della pittura suggerisce che la considerasse solo una parte del suo vasto campo di interessi. Nei suoi taccuini, Leonardo descriveva la pittura come una scienza, basata su principi matematici e ottici, e la utilizzava come strumento per studiare la natura, la prospettiva e l'anatomia umana.
Nonostante la fama acquisita grazie ai suoi dipinti, Leonardo si dedicò spesso a studi scientifici, ingegneristici e anatomici, talvolta a scapito delle opere commissionate. Il suo perfezionismo e la sua incessante ricerca di innovazioni lo portarono a iniziare molti lavori senza completarli. Questo è evidente nel Cenacolo, la cui tecnica sperimentale ne comprometteva la conservazione fin dal principio, e nella Battaglia di Anghiari, opera mai portata a termine. Le fonti rinascimentali, tra cui il Vasari, sottolineano come Leonardo fosse incline a lasciare le opere incompiute, più attratto dalla ricerca della perfezione e dell'innovazione che dal completamento delle commissioni.
Leonardo stesso, in una lettera a Ludovico il Moro, si presentò inizialmente come ingegnere militare prima ancora che come pittore, dimostrando che considerava la pittura come uno strumento funzionale alla conoscenza piuttosto che come una vocazione esclusiva. Tuttavia, quando decideva di concentrarsi su un dipinto, il suo approccio innovativo trasformava radicalmente il linguaggio pittorico, come dimostrato nel Cenacolo.
Tecnica e Innovazioni Pittoriche
A differenza delle tradizionali tecniche dell'affresco, Leonardo optò per una tecnica sperimentale che si rivelò problematica nel tempo. L'artista utilizzò una miscela di tempera e olio su un intonaco asciutto, piuttosto che sulla tradizionale base umida dell'affresco. Questo metodo gli permise di lavorare con maggiore lentezza e di ottenere effetti di luce e colore più raffinati, simili a quelli tipici della pittura su tavola. Tuttavia, la tecnica innovativa risultò poco resistente, portando a un rapido deterioramento dell'opera già nei decenni successivi al completamento.
Il fallimento della tecnica utilizzata per il Cenacolo trova un parallelo con un’altra opera monumentale di Leonardo: la Battaglia di Anghiari. Anche in quel caso, l’artista sperimentò con una miscela di oli e cere per ottenere effetti pittorici innovativi, ma il risultato fu un disastroso degrado precoce. Questi episodi testimoniano il difficile rapporto di Leonardo con la tecnica dell'affresco e la sua continua ricerca di soluzioni pittoriche alternative, spesso a scapito della durabilità delle sue opere; c'è chi, un po' maliziosamente, ha commentato che la tecnica dell'affresco, che imponeva tempi di lavorazione rapidissimi in modo da stendere la pittura finché l'intonaco era fresco, non era compatibile con il metodo di lavoro di Leonardo, particolarmente ozioso e riflessivo.

Il degrado dell'opera
Nel corso dei secoli, il Cenacolo (sopravvissuto miracolosamente anche a un bombardamento che per uno scarto di pochi metri non lo distrusse, come si può vedere nella foto a sinistra dove, sul lato destro si nota la Crocifissione di Montorfano, situata sulla parete antistante al Cenacolo), che già pochi decenni dopo l'ultimazione risultava gravemente degradato, ha subito numerosi interventi di restauro, che hanno mirato sia a fermare il progresso del deterioramento sia a recuperare, in parte, l’aspetto originario. Il primo periodo di intervento sistematico ebbe luogo nel XIX secolo, sebbene le tecniche impiegate non siano riuscite a garantire una conservazione adeguata, anzi in alcuni casi hanno addirittura accelerato il decadimento dei pigmenti originali. La situazione divenne particolarmente critica nel XX secolo, soprattutto a partire dagli anni ’70, quando la crescente consapevolezza del valore storico e artistico del Cenacolo spinse le istituzioni a organizzare un intervento di restauro di lunga durata.
Il progetto di restauro, sviluppato tra il 1975 e il 1999, rappresenta uno degli sforzi più complessi e controversi nella storia della conservazione dell’opera. Un team di restauratori e studiosi, utilizzando metodologie innovative e strumenti diagnostici all’avanguardia, ha lavorato per consolidare la struttura muraria, stabilizzare i pigmenti e controllare le condizioni ambientali – in particolare umidità, temperatura e inquinamento atmosferico – che gravemente compromettevano l’integrità del dipinto. Nonostante le critiche ricevute per un’eccessiva “normalizzazione” dell’opera, il restauro ha consentito di preservare il Cenacolo per le future generazioni.
Oggi, grazie a un rigoroso sistema di monitoraggio e a continui interventi di manutenzione preventiva, il Cenacolo Vinciano è custodito in condizioni relativamente stabili, sebbene rimanga una sfida costante la protezione di un patrimonio così prezioso e delicato. A questi interventi si aggiunge la continua ricerca scientifica che permette di monitorare e analizzare il comportamento dei materiali originali, contribuendo a perfezionare ulteriormente le tecniche di conservazione e restauro.
Aspetti Estetici e Stilistici
Il Cenacolo rappresenta un momento di svolta nell'estetica pittorica rinascimentale, combinando un realismo straordinario con una composizione attentamente studiata. Leonardo utilizza un'attenta orchestrazione di gesti, espressioni e sguardi per creare un senso di movimento e dramma che si distacca dalla rigidità delle rappresentazioni consuete della stessa scena. I volti degli apostoli sono altamente espressivi, riflettendo il loro stato d’animo alla rivelazione del tradimento imminente. I soggetti hanno una plasticità e una dinamicità che manca in opere coeve come il Cenacolo del Perugino a nel monastero di Sant'Onofrio a Firenze o quelli del Ghirlandaio a San Marco, Ognissanti o San Michele Arcangelo a Firenze; se nello stile tradizionale la fissità dei soggetti rifletteva la rappresentazione di un topos teologico, la narrazione di Leonardo, che coglie gli apostoli nel preciso istante in cui apprendono della presenza, tra loro, di un traditore, con la raffigurazione puntuale dei rispettivi moti di stupore, ha quasi toni neorealistici.
Uno degli aspetti più rivoluzionari dell'opera è l'uso della prospettiva centrale, che guida lo sguardo dello spettatore direttamente verso Cristo, il punto focale della composizione (nel corso di un restauro è stato anche trovato il foro del chiodo che fu piantato da Leonardo, in prossimità dell'orecchio destro di Cristo, per tessere i fili che dovevano tracciare i punti di fuga). Questa tecnica prospettica trova un parallelo con l'Annunciazione degli Uffizi, dove Leonardo già sperimentava con la prospettiva, seppur con differenze significative. Nell'Annunciazione, la profondità è resa in modo ancora incerto, con alcune incongruenze nella scala della Vergine e nel posizionamento del leggio. Nel Cenacolo, invece, la prospettiva è magistralmente utilizzata per creare un ambiente architettonico illusorio che espande visivamente lo spazio del refettorio e aumenta il coinvolgimento dello spettatore.

L'esperienza di visita
La visita al Cenacolo Vinciano è strettamente contingentata, sia per il numero di visitatori ammessi che per la durata della visita.
Di primo acchito, quando ci si trova davanti all'opera, indubbiamente tra le immagini più celebri e radicate nella cultura occidentale, non si può che avere un moto di sorpresa che nasce dalla constatazione che sì, il Cenacolo esiste ed è lì, in una saletta anonima di una zona un po' marginale di Milano. La seconda sensazione è nuovamente di sorpresa, perché a dispetto della narrazione sullo stato di conservazione dell'opera, che talvolta prevale diventandone la caratteristica principale, l'affresco è ben leggibile in tutti i suoi dettagli e se i colori sono senz'altro sbiaditi e non hanno la brillantezza e la lucentezza per garantire le quali Leonardo aveva sperimentato la nuova e fallimentare tecnica, la vista dell'opera è tutt'altro che deludente; la foto che apre questo post è stata scattata con un Iphone, senza alcuna impostazione particolare sul telefono e senza alcuna postproduzione; l'opera appare esattamente così all'occhio nudo. Tuttavia, trascorsi i primi minuti di stupore, durante i quali lo sguardo corre lungo la superficie della pittura per ritrovare tutti i dettagli visti riprodotti infinite volte e constatare che tutto è in ordine, che i dettagli noti ci sono tutti, che quello che hai davanti agli occhi è proprio un Leonardo e che malgrado i secoli e le peripezie l'opera è lì davanti ai tuoi occhi, la sorpresa lascia lo spazio a un senso di insoddisfazione; sarà perché l'opera è troppo in alto per poter essere fruita a pieno e per godere di una prospettiva non troppo deformata si è costretti ad allontanarsi, accontentandosi di una visione di insieme che non aggiunge molto a ciò che si è già visto innumerevoli volte sui libri; sarà perché i colori sbiaditi trasmettono una sensazione da coitus interruptus, di mancato appagamento che cresce man mano che si cerca di immaginare la gratificazione per gli occhi che doveva rendere ciò che era e che non è più, i colori brillanti che sicuramente Leonardo aveva steso, come era solito fare, e che ora sono poco più che una sinopia virata su tonalità terrose. A tratti non si può che trovare simpatia per quel geniaccio che continuava a sbagliare commesse su commesse solo per assecondare il proprio capriccio di inventare tecniche nuove e migliori; a tratti si può trasalire nel riconoscere nelle zone più integre dell'opera tutti i tratti stilistici tipici di Leonardo, dall'apostolo Tommaso che punta l'indice verso il cielo come il San Giovanni Battista del Louvre, al Giovanni che reclina il capo come la Sant'Anna, sempre al Louvre, allo sfumato perfetto del volto dell'apostolo Filippo, ma alla fine la sensazione che predomina è di osservare una reliquia che nulla aggiunge a una qualsiasi riproduzione fotografica e che il senso della visita sul luogo assolve più che altro l'adempimento dell'obbligo di rendere omaggio a un'opera di fama universale che non si può non vedere almeno una volta.
Sulla parete antistante quella del Cenacolo si trova un altro dipinto, che non potrebbe essere più diverso dall'opera leonardesca. Innanzitutto, come è abbastanza ovvio, l'opera fu realizzata con la tecnica dell'affresco e dunque necessariamente ultimata in tempi più rapidi; si narra che i monaci committenti delle due opere manifestassero una certa insofferenza nel vedere che, mentre il Montorfano aveva ultimato la sua opera a ritmi da stakanovista, Leonardo trascorreva le giornate seduto a osservare il proprio lavoro apportando di tanto in tanto qualche pennellata. Inoltre la Crocefissione, decisamente goffa in numerose rappresentazioni, è rigidamente ancorata all'iconografia quattrocentesca, soffrendo indubbiamente un inclemente confronto con la rivoluzionaria opera antistante. Se correre con l'immaginazione al confronto tra Michelangelo e Leonardo intenti a realizzare gli affreschi della Battaglia di Cascina e della Battaglia di Anghiari nel salone di Palazzo Vecchio suscita un brivido lungo la schiena al pensiero di questi due giganti che rivaleggiano nella creazione dei più grandi capolavori possibili, purtroppo irrealizzati, immaginare Leonardo e Montorfano, così incomparabili, all'opera l'uno di fronte all'altro non può che suscitare sentimenti di compassione mista a ironia. Non v'è dubbio che nei pochi minuti che vengono concessi alla contemplazione dell'opera di Leonardo, la Crocefissione conquista poco più di pochi sguardi distratti.
Una volta visitato il cenacolo, il percorso si completa con la visita al "chiostro delle rane" a alla Basilica di Santa Maria delle Grazie; a pochi metri da Santa Maria delle Grazie, volendo, si può completare un ideale percorso leonardesco con la visita alla "vigna di Leonardo", un vigneto che fu donato a Leonardo da Ludovico il Moro e che oggi è possibile visitare insieme all'adiacente palazzo quattrocentesco.
Conclusione
Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è uno dei capolavori più famosi della storia dell'arte, un'opera rivoluzionaria che esprime lo spirito innovatore e anticonformista di Leonardo e al contempo un capolavoro effimero, che alimenta sentimenti contrastanti nell'osservatore; chi disponga di tempo sufficiente per visitare anche altre tappe obbligate a Milano, come il Duomo, la Pinacoteca di Brera o la Pinacoteca Ambrosiana, può sicuramente sacrificare un paio d'ore, non fosse altro che per rendere omaggio alla principale testimonianza del passaggio di Leonardo da Milano, al costo di correre il rischio di restare deluso dallo stato di conservazione dell'opera e dal poco tempo disponibile per contemplare questo elusivo capolavoro.
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