Il MoMA di New York: Tempio dell’Arte Moderna tra Avanguardia e Contraddizione
- The Introvert Traveler
- 17 apr
- Tempo di lettura: 8 min

Ulltima visita: gennaio 2025
Mio giudizio: 8/10
Durata della visita: 6/8 ore
Web: https://www.moma.org
Origini e missione: l’utopia modernista americana
Il MoMA fu fondato nel 1929 da tre figure femminili di grande lungimiranza: Lillie P. Bliss, Mary Quinn Sullivan e Abby Aldrich Rockefeller. La data non è casuale: fu inaugurato appena nove giorni dopo il crollo di Wall Street, un segnale potente di fede nell’intelligenza creativa come fondamento di rinascita. La sua fondazione avviene in un’epoca in cui il modernismo inizia ad assumere i tratti di una rivoluzione globale, ponendosi come alternativa etica ed estetica alla tradizione accademica ottocentesca.
La missione del MoMA – come enunciata nella sua charter – era quella di "aiutare le persone a comprendere e godere delle arti visive del nostro tempo". Un manifesto di modernità, dunque, che si è evoluto nel tempo mantenendo però un coerente filo rosso: l’incessante tensione tra sperimentazione e istituzionalizzazione.
Il ruolo del MoMA nel sistema globale dell’arte
Il MoMA si pone in un dialogo – talvolta tensione – con altre istituzioni centrali dell’arte contemporanea, come la Tate Modern, il Centre Pompidou, o il MAXXI. Se il Pompidou predilige l’ibridazione tra culture e media, e la Tate si concentra su una narrazione post-coloniale, il MoMA tende a mantenere una postura ancora fortemente eurocentrica e nordamericana, anche se in anni recenti ha avviato un’opera di “decolonizzazione curatoriale”, ampliando la rappresentanza di artisti africani, latinoamericani e del Sud-Est asiatico.
Le sue mostre temporanee sono spesso eventi epocali – si pensi alla retrospettiva su Gerhard Richter o a quella su Adrian Piper – e contribuiscono a definire il canone stesso dell’arte contemporanea.
Il migliore museo di New York
Visitare il Museum of Modern Art di New York equivale a varcare la soglia di un sacrario dell’immaginazione novecentesca. Il MoMA, nel cuore pulsante di Manhattan, non è soltanto uno spazio museale: è un palinsesto culturale che custodisce, espone, interroga e talvolta deforma il concetto stesso di arte. Ogni suo corridoio è una sinfonia di intenzioni, ogni sala un nodo della costellazione artistica che ha definito il secolo scorso e continua a orientare quello attuale.
Per gli appassionati d'arte in visita a New York, il MOMA è una tappa imprescindibile insieme al Metropolitan Museum, alla Frick Collection, al Guggenheim Museum, alla Morgan Library e alla Neue Galerie.

Diversamente da quanto ho scritto riguardo al MET e soprattutto al Guggenheim, che ho trovato per certi aspetti al di sotto delle aspettative, il MOMA è, nel proprio settore, è un museo formidabile; mentre al MET (con cui il confronto è inevitabile essendo l'altro grande museo d'arte di New York) ho avuto la percezione di una collezione assemblata in una fase storica in cui le opere principali dell'arte antica erano già state accaparrate dai più antichi musei europei, obbligando il MET a sopperire con la quantità di opere alla mancanza di opere di rilievo assoluto (ovviamente in termini relativi), il MOMA è evidentemente un museo istituito con la disponibilità di gradi capitali (il nome Rockefeller dice niente?) proprio nel periodo in cui le Avanguardie artistiche del '900 andavano affermandosi e probabilmente i musei europei non avevano lo stesso potenziale finanziario; per quanto riguarda i grandi autori del periodo che va dalla fine dell'800 alla metà del XX secolo il MOMA è un museo che ha pochi concorrenti in grado di competere con la ricchezza della collezione e la quantità di opere di spicco. Da Van Gogh a Cézanne, da Matisse a Picabia, da Picasso a Braque, da Modigliani a Brancusi, da Mondrian a Klimt, passando per Gauguin, Seurat, Mirò, Dix, De Chirico, Dalì, Monet, Magritte alcune delle più importanti opere di questo periodo sono qua.
Alla qualità della collezione che non potrà che entusiasmare qualsiasi amante di arte moderna, il MOMA abbina un contesto glamour come pochi altri musei al mondo; non c'è niente di più cool che passeggiare tra le sale tra la 5th e la 6th avenue mentre fuori dalle finestre si stagliano i grattacieli di Manhattan e, con il passare delle ore, la luce ne ridefinisce forme e volumi.


Ma ha anche dei difetti...
Innanzitutto, oltre a essere, almeno a mio giudizio, il migliore museo di New York è anche il più popolare, in tutte le accezioni del termine; qui più che altrove si sente e si subisce la presenza di orde di turisti burini che inondano le sale e affollano i quadri più noti per scattare inutili selfie. Inoltre, sempre a mio giudizio, la disposizione delle opere potrebbe essere migliore; dei sei piani dell'edificio solo due (il quinto e il quarto) sono dedicati alle opere di maggior richiamo, vale a dire le opere di arte moderna, mentre il resto dello spazio è dedicato a opere di arte contemporanea non altrettanto entusiasmanti (sapete, quelle opinabili forme di espressione che tramite imperscrutabili cortocircuiti intellettuali o ideologici o manifestazioni di umorismo radicale, portano a esporre balle di fieno trafitte da fenicotteri di plastica e cose del genere); ciò porta ovviamente la quasi totalità del pubblico ad affluire in meno della metà dell'edificio, creando fenomeni di vera e propria congestione in poche selezionate sale; se alcune delle foto che sono riuscito a fare paiono un po' approssimative, considerate le condizioni acrobatiche in cui sono state scattate; probabilmente visitare il museo durante le festività natalizie non ha aiutato. Va detto che il MOMA, oltre a essere un museo di fama mondiale è anche un'istituzione culturale che ambisce a essere una fautrice di innovazione, per cui è ragionevole che gli spazi vengano ripartiti tra grandi opere del passato ed aree destinate al presente e al futuro... se poi le opere esposte non sono necessariamente all'altezza dei luoghi non necessariamente la responsabilità è del museo ma anche di un po' di affanno da parte degli artisti contemporanei nel produrre arte che non siano solo provocazioni fini a se stesse.
Il percorso museale: dalla pittura alla performatività
Le pietre miliari della collezione permanente
La collezione permanente del MoMA è uno dei corpus più imponenti e influenti dell’arte moderna e contemporanea. Alcuni capolavori ne costituiscono le “icone” – termine da usare con cautela ma inevitabile in certi casi.
Les Demoiselles d’Avignon (1907) di Pablo Picasso: opera fondativa del cubismo e forse dell’arte moderna tout court, spezza la grammatica del nudo classico e inaugura una nuova prospettiva sulla forma e lo spazio.
La notte stellata (1889) di Vincent van Gogh: dipinta nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy, questa tela incarna la confluenza di visione interiore e realtà psichica, e va letta anche alla luce delle lettere dell’artista a Theo.
La persistenza della memoria (1931) di Salvador Dalì: probabilmente la più celebre opera di tutto il movimento surrealista. Orologi molli, tempo distorto e paesaggi onirici. Fu acquistata dal MOMA presso una galleria di New York nel 1934 al prezzo di 350 dollari (l'equivalente di 7.500 dollari odierni).
La Danza (1909) di Henri Matisse: prima versione dell'opera esposta anche all'Hermitage di San Pietroburgo. Un vortice di gioia espresso in tre colori.
Number 31 (1950) di Jackson Pollock: esemplare del dripping, che non è solo tecnica ma epifania: la tela è il campo di battaglia, e l’azione pittorica diventa documento esistenziale.
Gemme nascoste al MOMA di New York
Tra tutte le opere note e notissime esposte al MOMA segnalo un piccolo gruppo di opere che potrebbero passare inosservate; si tratta di un gruppo di xilografie di Paul Gauguin che ho trovato di straordinaria resa grafica oltre che più efficaci e sincere nell'omaggiare e reinterpretare l'arte tribale rispetto ai più famosi dipinti polinesiani dell'artista francese; sarà che amo la xilografia come forma d'arte, sarà che Gauguin, come pittore, non è in cima alle mie preferenze, ma questi piccoli gioielli, esposti in prossimità della celeberrima notte stellata di Van Gogh rischiano di passare sotto traccia.
Il MOMA non è il primo museo verso cui gli amanti dell'arte di Gustav Klimt accorrerebbero (altri posti come il Belvedere di Vienna o la Neue Galerie di New York sarebbero in cima alla lista) ma il MOMA vanta comunque una piccola collezione tutt'altro che trascurabile del gigante dell'arte viennese, che credo meriti comunque una menzione a parte, se non altro per la passione che provo per questo artista, ma anche per la qualità non trascurabile delle opere che il MOMA è riuscito ad acquisire.

"Ceci n'est pas l'architecture, se sont le styles". Un'altra "opera" che potrebbe passare inosservata tra tanti celebri capolavori dell'arte moderna è questo manoscritto di Le Corbusier. Si tratta, stando al cartoncino illustrativo, di un disegno eseguito dall'architetto durante una lezione a Buenos Aires del 1929. E' inevitabile pensare al "ceci n'est pas un pipe" di Magritte e alla demistificazione dell'arte professata da Marcel Duchamp, due autori esposti a loro volta al MOMA, ma anche, sempre parlando di Duchamp, al concerto di arte ready-made che si esprime in questo manufatto, che presumo sia stato schizzato rapidamente dal famoso architetto mentre intratteneva la platea e preservato da qualche collaboratore per diventare esso stesso un'opera d'arte esposta in museo. E' un'opera che stimola una serie di riferimenti quasi ipertestuali e diverte per i paradossi che esprime.
Design, fotografia, architettura e media
A differenza di molti musei europei – ancora spesso rigidamente organizzati per medium – il MoMA abbraccia sin dalla sua origine una visione enciclopedica del moderno. Il dipartimento di architettura e design è fra i più antichi al mondo (fondato nel 1932), con pezzi storici come la Red Blue Chair di Gerrit Rietveld e la chaise longue di Le Corbusier.
Non meno importante è il comparto della fotografia, con maestri come Diane Arbus, Walker Evans, Cindy Sherman, e Nan Goldin. L’intreccio tra immagine e identità, tra documento e costruzione del sé, emerge come tema chiave.
I servizi
Come quasi sempre accade a New York, se un luogo vuole darsi un tono un po' snob e alto borghese... la cucina è italiana. Se sieti italiani potreste sentirvi un po' presi per il culo nel vedervi servire a 25 dollari un piatto che potreste mangiare a casa per 10 euro, dopo aver speso 1.000 dollari di aereo, ma visitare New York significa anche acquisire la consapevolezza ecumenica che una cucina locale non esiste e gran parte del migliore cibo a New York o è italiano o è cinese o è giapponese, o di altre minoranza etnico-culinarie. Ciò premesso, il ristorante del MOMA è sì spudoratamente caro, ma dà ciò che riceve: la pizza bianca con rucola, prosciutto crudo e ricotta salata è stata probabilmente il miglior pasto museale della mia vita.
Prima di uscire dal museo dedicate un po' di tempo alla libreria: è straordinariamente ben fornita e ho dovuto lasciare lì a malincuore molti testi che avrei volentieri potuto trascinarmi dietro e caricare nel bagaglio per appesantirlo oltre il limite consentito.
Conclusione: il MoMA tra esposizione e provocazione
Il MoMA non è solo un museo: è una macchina epistemologica, una lente attraverso cui osservare il Novecento come epoca di fratture e utopie, di rotture e ricomposizioni. È anche, inevitabilmente, un luogo di potere, espressione della élite culturale newyorkese che canonizza, seleziona, esclude. Ma proprio per questo deve essere visitato con spirito critico, con la consapevolezza che ogni opera lì contenuta è un atto di narrazione che parte dalla fine del XIX secolo e arriva alle ideologie correnti che si esprimono anche attraverso l'arte contemporanea. A un primo, più superficiale livello di lettura, è un eccezionale luogo di esposizione della migliore arte prodotta nel corso dell'ultimo secolo, andando più nel dettaglio è un'istituzione culturale che, oltre ad esporre arte, contribuisce alla continua evoluzione dell'identità culturale occidentale e mondiale e in ogni caso non lascerà indifferente il visitatore più accorto che non potrà che uscire dal MOMA visivamente appagato, ma anche intellettualmente stimolato.
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