Continua dal post precedente.

Ristorazione al Metropolitan Museum of Art
In tutti i grandi musei del mondo i punti di ristoro vendono ogni prodotto a carissimo prezzo; a New York, dove anche l'aria da respirare viene venduta a peso d'oro, preparatevi a prezzi ancora più alti (a cui non corrisponderà necessariamente altrettanta qualità).
Quello a sinistra è il menu del cafè al primo piano, a lato della sala 548 che, per l'appunto, a fronte di prezzi alti non serve cibo sopraffino.
Segnalo che al secondo piano, all'ingresso della sezione di arte asiatica, c'è un altro cafè che serve sushi che, almeno all'apparenza, aveva un buon aspetto, senza costare di più dei mesti panini del Petrie cafè.


Sezione di arte e scultura europea del 1800-1900
La sezione è composta di una trentina di stanze dove il ruolo principale è interpretato dai grandi nomi dell'impressionismo e contemporanei; da Monet a Manet, da Degas a Pissarro, da Van Gogh a Courbet, Renoir, Gauguin, Cézanne... con l'aggiunta di alcuni Turner, molto belli, e di un paio di Klimt, belli ma non sensazionali.
Premesso che in generale l'impressionismo è una corrente artistica per cui non stravedo, riporto di seguito le foto di alcune opere di questa sezione, che io ho attraversato in modo relativamente veloce per dedicarmi con calma alla sezione della pittura europea dal 1200 al 1800.

Sezione di pittura europea dal 1200 al 1800
All'ingresso nella prima sala di questa sezione che, almeno nelle mie aspettative, rappresentava il piatto forte della visita al Metropolitan Museum of Art, sono stato immediatamente colpito da un allestimento piuttosto innovativo che accostava opere di El Greco a opere di Picasso; l'intento, a mio giudizio pienamente riuscito, almeno in questa sala, oltre che accostare opere stilisticamente affini, ancorché separate da secoli di storia, è di evidenziare, tramite una vera e propria rappresentazione sinottica, le influenze esercitate da un artista sui posteri. Che El Greco fosse un innovatore in forte anticipo sui tempi non è una novità, ma esporlo a lato di Picasso favorisce una lettura delle opere del pittore cinquecentesco con occhi nuovi; in particolare ho trovato sorprendente un paesaggio (qui a sinistra) che, esposto di fianco a Picasso e guardato distrattamente, avrei quasi potuto scambiare per un Cézanne.
Questo allestimento diacronico non è sempre felice; ad esempio, in un'altra sala erano esposti a pochi metri di distanza un fondo oro di Benozzo Gozzoli e un trittico di Francis Bacon, entrambi bellissimi, ma del tutto inconciliabil tra loro.
Proseguendo in ordine sparso tra le opere che ritengo (valutazione soggettivissima) di maggiore interesse, direi che un autore sul cui nome il MET può sicuramente competere con ogni altro museo del mondo è Johannes Vermeer; se non ho contato male, il MET ha ben 5 opere del pittore olandese, 3 delle quali sono di livello ottimo e una in particolare, il ritratto di donna, è tra le mie opere preferite di tutto il museo; mi ha sempre incuriosito l'espressione serafica della persona ritratta; è l'espressione di chi ti ascolta da pochi minuti e già non ne può più di ciò che stai dicendo e attende il momento adatto per improvvisare una scusa poco convincente per togliere il disturbo o ancora l'espressione di chi sta facendo un colloquio di lavoro e sentendosi chiedere "perché vorrebbe lavorare con noi" vorrebbe tanto rispondere "perché mi servono i soldi per mangiare" ma sta cercando la forza di rispondere "credo molto nella vostra mission aziendale", e Vermeer è stato fenomenale nel cogliere quell'attimo di malizia fuggente.
Un'altra opere magnifica, sia per la resa estetica che per il soggetto, è la minzione olimpica di Lorenzo Lotto, che raffigura il piccolo Cupido intento a proiettare la propria escrezione renale sulla madre Venere, che sembra apprezzare questa pioggia dorata come una navigata pornostar; che l'impresa del piccolo Eros rappresenti un precoce e fallito tentativo di esercizio di Kegel per allenarsi ai poderosi amplessi in cui il Dio dell'amore dovrà eisibirsi in età adulta o più prosaicamente una metafora della fertilità realizzata dall'artista veneto per qualche coppia di sposi, l'opera, che si inserisce nel ricco filone di rappresentazioni erotico-mitologiche dell'Italia rinascimentale, si presta senz'altro a numerose interpretazioni, più o meno divertite, ma rapisce gli occhi per la qualità della realizzazione.

Un'altra opera meritevole di attenzione è una scena mitologica di quel grande outsider del rinascimento italiano che è Piero di Cosimo; l'opera potrebbe in qualche modo ricordare a qualcuno il Perseo che libera Andromeda degli Uffizi, vuoi per il formato, vuoi per il contenuto mitologico, e si distingue per il tentativo di rappresentazione di scorcio di un corpo giacente (già visto ad esempio nella Battaglia di San Romano di Paolo Uccello degli Uffizi) che spesso impegnava gli artisti rinascimentali e che ovviamente ha avuto la propria massima espressione nel Cristo Morto di Mantegna.


Proseguendo per parallelismi e affinità, segnalo un profilo di donna di Antonio e Piero del Pollaiolo che ricalca in modo quasi calligrafico quello del Museo Poldi Pezzoli di Milano, un busto di Scipione Borghese di Francesco Fanelli che riprende, le due identiche opere di Gian Lorenzo Bernini conservate presso la Galleria Borghese di Roma e il Ritratto di Francesco Sassetti del Ghirlandaio, che evoca inevitabilmente l'analogo e più famoso dipinto dello stesso autore conservato al Louvre.
Il MET espone poi, oltre a quello già citato appartenente alla collezione Lehman, alcuni Rembrandt di cui almeno due di ottima qualità. Oltre al ritratto di Aristotele con il Busto di Omero, a cui l'esposizione dà grande risalto, includerei tra i Rembrandt di rilievo del MET almeno anche la Bellona, dove Rembrandt dà pieno sfoggio di tutta la sua capacità di rappresentare con virtuosismo la materia e la luce.
Aggiungo alla mia personale selezione di opere degne di menzione un Bronzino degno delle migliori opere esposte agli Uffizi, l'Ecce Homo di Antonello da Messina (abbastanza illeggibile dietro a un vetro troppo lucido), La Maddalena Penitente e La Buona Ventura di Georges De La Tour.
Le opere che ho citato sopra sono una mia selezione personalissima tra le opere che ritengo più significative; ovviamente la collezione è immensamente più vasta e sarebbe stato impossibile, oltre che sterile, documentare tutte le opere di pregio esposte (ad esempio, non cito minimamente tre importanti opere di Tiziano). Rigetto qui sotto, come in una residuale e anonima fossa comune, a conclusione della mia sintesi di questa sezione, le foto di alcune opere "minori" di grandi nomi della storia dell'arte come Botticelli, Bosch, Carpaccio, Mantegna, Van Eyck, Luca Signorelli, Andrea del Sarto, Cosmè Tura, Carlo Crivelli che, dal mio personale punto di vista, hanno quasi tutte una caratteristica comune: sono opere a me ignote realizzate da autori di cui pensavo di conoscere pressoché tutte la produzione, oltre ad alcune opere, come un Rubens, un Goya e un Velazquez, che aggiungo perché sì.
Sezioni di arte asiatica e araba
Come ho già detto, il MET offre molto di più di quanto io sia stato in grado di vedere nel corso di una lunga giornata di visita; riporto qui sotto poche foto di altre sezioni, per trasmettere il senso di varietà e vastità della collezione. A fine giornata sono riuscito a dedicare qualche decina di minuti alla sezione asiatica che, pur avendo alcune opere interessanti, mi è sembrata nel complesso un po' deludente (in particolare la sezione cinese e quella giapponese, su cui nutrivo molte aspettative), mentre ho dedicato pochissimo spazio al mondo arabo che invece mi ha dato l'impressione di avere qualcosa in più da proporre.
ConclusionI
Al termine della giornata e dopo quasi 10 km di percorrenza, la visita al MET mi lascia con sentimenti contrastanti. Non è solo la mancanza di identità del Museo, di cui ho già parlato nel precedente post; come ho già scritto, musei come gli Uffizi a Firenze, il Prado a Madrid o il Rijksmuseum ad Amsterdam sono vetrine prestigiose delle migliori opere prodotte dalla cultura e dal Paese che ospita lo stesso museo; ciò non si può dire del MET, che tutt'al più potrebbe essere qualificato come un'esibizione dell'ipertrofica capacità commerciale del museo più importante della città più ricca del mondo, il che fa del MET più una Wunderkammer che un museo in grado di competere culturalmente con le altre grandi istituzioni museali. Tuttavia, questa obiezione si potrebbe muovere anche ad altri grandi musei, a partire dal Louvre, dal British Museum, e dalla National Gallery, dove le opere principali sono spesso il frutto di acquisizioni o spoliazioni che poco hanno a che vedere con la cultura locale. Il problema, dicevo, non sta solo nella mancanza di un'identità culturale del MET, le cui collezioni, per quanto ricche, sembrano talvolta assemblate in modo un po' casuale; credo che un altro limite del MET stia nella storia di un'istituzione che è relativamente giovane, se confrontata con i grandi musei europei; non ho approfondito particolarmente la storia del MET, ma mi sembra evidente che il grosso delle collezioni si sia formato quando i grandi musei europei erano già stati costituiti e le grandi opere erano già state oggetto di appropriazione; così è naturale che le migliori opere di Botticelli siano agli Uffizi, dove si trovano da secoli, che le principali opere di Goya o Velazquez si trovino al Prado, che le principali opere di Rembrandt siano al Rijksmuseum o che le poche opere di Leonardo, ad esempio, pur se distribuite un po' in tutta Europa non fossero più disponibili per arricchire la collezione del MET; chi cercasse un Botticelli al MET, per fare un esempio ne troverà sì uno, anche di buona fattura, ma ovviamente siamo distanti anni luce dalla Primavera; questo limite vale pressoché per ogni sezione, dalle opere di Carpaccio, Bosch, Van Eyck, Mantegna, Caravaggio e Guido Reni, all'impressionismo, dalla Galleria delle Armi che, pur bellissima, non può competere con il Museo Stibbert di Firenze, alla sezione Greco Romana, che per quanto manifesti uno sforzo ipertrofico nell'acquistare sul mercato un gran numero di opere, non potrà mai essere all'altezza dei Musei Capitolini, che ad ogni passo esibiscono un Torso Belvedere o un Laocoonte e così via. Se, dunque, il MET non può competere sugli acuti, sopperisce sulle dimensioni debordanti e sulla varietà incomparabile di opere esposte, comunque sempre e indubbiamente di pregio; in altri termini si può dire che il MET sia una colossale collezione di tante collezioni che, valutate singolarmente, sarebbero buone ma non sensazionali e che assurgono all'eccellenza non solo per la qualità ma soprattutto per la quantità.
Per completezza va detto che tra le sezioni che ho deciso di sacrificare c'è anche quella di arte americana, che probabilmente mi avrebbe portato a rivedere parzialmente questo mio giudizio critico.
Detto questo, così come si può visitare il Museo Horne di Firenze con grandissimo piacere pur sapendo che non vi si troveranno né il Tondo Doni di Michelangelo né la Ronda di Notte di Rembrandt, allo stesso modo si può visitare con immenso piacere il MET, che vi stordirà con un'abbondanza indecorosa di bellezza proveniente da ogni luogo ed epoca e senza nulla togliere alla mia presunzione di italiano ed europeo consapevole del fatto che, per quanti soldi ci mettano e per quanti banchieri multimilionari gli Stati Uniti possano generare, in quanto ad arte saremo sempre un po' di passi avanti.
Consigli pratici
Ho visitato il MET il 3 gennaio, in piene vacanze natalizie; entrando all'ora di apertura non ho dovuto fare che pochi minuti di fila; pur avendo prenotato con largo anticipo, non ho avuto l'impressione che la prenotazione fosse stata indispensabile; in ogni caso, per le prenotazioni con largo anticipo, uso sempre Tiqets, che mi consente di disdire fino a 24 ore prima dell'ingresso ricevendo un rimborso integrale.
Pur essendo nel pieno delle vacanze natalizie, e quindi con un afflusso significativo di visitatori, non ho avuto una percezione di eccessivo affollamento; il museo è talmente grande che, per quanti siano i visitatori, si disperdono.
Come ho già detto, ritengo invece indispensabile visitare il museo nelle giornate di venerdì o sabato, quando l'apertura si prolunga fino alle 21, altrimenti il tempo per visitare il museo è decisamente insufficiente.
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