La Paolina Borghese di Antonio Canova: Venere di marmo ed Ego imperiale
- The Introvert Traveler
- 3 giorni fa
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(O: Come essere nudi e mantenere una sprezzatura imperiale)

Artista: Antonio Canova (1757-1822)
Data: 1804–1808
Materiale: Marmo di Carrara
Dimensioni: 92 × 200 cm
Collocazione: Galleria Borghese, Roma
Committenza: Camillo Borghese
Mio giudizio: 10/10
C’è un momento, entrando nella Galleria Borghese, in cui il silenzio si fa teatrale. Non per la sacralità dell’arte, ma per l’imbarazzo. Tutti sanno che lì, al centro della sala, una donna seminuda – e più viva di certe influencer – giace su un triclinio marmoreo. È Paolina Bonaparte Borghese scolpita da Antonio Canova tra il 1804 e il 1808, la “Venere vincitrice”. Molte signore procedono direttamente alla sala successiva, indispettite da tanta inarrivabile sensualità, molti gentiluomini si soffermano più a lungo del dovuto, qualche prete di passaggio dal Vaticano osserva con indifferenza trovando il soggetto decisamente troppo agée.
L'opera fu protagonista di un vero e proprio scandalo nella Roma apostolica travolta dai nuovi costumi napoleonici, perché sì, ad essere ritratta, era davvero lei, Paolina. In carne, ossa e soprattutto marmo.

1. Un marmo al servizio del potere (e dell’ego imperiale)
Il contesto è napoleonico, e questo spiega già tutto: il decoro è una facciata, la gloria un affare di famiglia. Paolina Bonaparte, sorella del più celebre imperatore corso di tutti i tempi, aveva sposato nel 1803 Camillo Borghese, patrizio romano, più antico che virile.
Canova, chiamato a ritrarla, si trovò davanti un dilemma: come conciliare la castità neoclassica con una modella che amava le provocazioni più di un romanzo libertino? Immaginate una Paris Hilton o una Kim Kardashian dell'illuminismo, con un po' di cultura e grazia in più. La soluzione fu geniale: Paolina non è Paolina, ma Venere vincitrice. Un gioco di ruolo mitologico perfettamente napoleonico. L’immortalità borghese passava per la carne sublimata, e Canova lo sapeva.
L’opera nasce per la villa Borghese sul Pincio, e fin dall’inizio viene percepita come scandalo. Le cronache raccontano che Paolina, quando le chiedevano se davvero avesse posato nuda, rispondeva con il candore di una mitomane illuminata:
“Oh, ma certo! Canova aveva una stufa nello studio.”
Altri raccontano che alla stessa domanda, posta con toni più maliziosi, Paolina rispondesse che sì, aveva posato nuda davanti a Canova e, aggiungeva con un pizzico di commiserazione politicamente scorretta e malcelata delusione, che l'artista "non era un vero uomo".
Ancora, si dice, che la prima idea di Canova fosse stata di rappresentare Paolina nei panni di Diana cacciatrice, ma Paolina, all'idea di essere rappresentata come una vergine, proruppe in una risata incoercibile.
Siamo nella Roma dei primi dell'800; lo stato Pontificio ha ancora il suo storico ruolo geopolitico, anche se è stato travolto dallo tsunami giacobino; l'alta società romana è composta da famiglie nobili e patrizie che hanno tutte, o hanno avuto, un papa, un vescovo o un cardinale in famiglia; i nomi sono quelli altisonanti dei Farnese, Colonna, Borghese, Aldobrandini, Barberini, tutti ingessati in una spessa coltre di muffa; il Concilio di Trento e le mutande apposte ai nudi michelangioleschi della cappella Sistina fanno parte più del passato che della Storia; la pedofilia doveva ancora essere introdotta tra le materie del catechismo; su Roma calano le truppe napoleoniche montando sui carri amplificatori a 200W che lanciano a tutto volume il rap delle banlieu e la colonna sonora de L'Odio di Mathieu Kassovitz e alla testa dell'esercito conquistatore, Paolina, come la Marianne, nell'atto di innaffiare i militi con le bottiglie di champagne come un vittorioso pilota di Formula 1, con le poppe al vento indica la via alle truppe con turgidi capezzoli direzionali. Come avrei voluto esserci...

2. Anatomia del marmo: il corpo come ingegneria
Tecnicamente, l’opera è un capolavoro di chirurgia scultorea. Canova utilizza un blocco unico di marmo di Carrara lungo quasi due metri e mezzo, scavato con la precisione di un architetto e la devozione di un anatomista. La pelle di Paolina sembra cedere sotto la luce; ma è marmo lucidato con pomice, sego e succo d’arancia – una ricetta da alchimista che oggi chiameremmo “glow effect 1808”.
Il corpo si adagia in una posa che unisce equilibrio e tensione: il busto si solleva lievemente, la gamba sinistra ruota, il piede destro scivola oltre il bordo del cuscino. Ogni dettaglio è studiato per suggerire movimento nell’immobilità. Il triclinio è un dispositivo teatrale: non un semplice letto, ma una struttura girevole (sì, ruotava davvero), concepita per mostrare l’opera da ogni lato. Un influencer 3D ante litteram: nessun filtro, solo marmo, cafonaggine abbomba e arroganza.
La lavorazione della superficie è il trionfo del non-finito controllato: Canova distingue tre gradi di lucidatura — la pelle liscia e calda, il drappo setoso e riflettente, il cuscino più opaco e tattile — per differenziare materiali e profondità. È un saggio di ottica applicata, una scultura che sembra respirare. La luce, scivolando sul ventre e sulle spalle, si comporta come un amante rispettoso: non tocca mai due volte nello stesso punto.
3. L’intelligenza del pudore (ovvero, quando la decenza è un pretesto erotico)
Canova conosceva bene il teatro della moralità borghese. Dà a Paolina una mela, simbolo della “vittoria” di Venere nel giudizio di Paride, ma anche un alibi morale: non è una donna nuda, è un mito nudo. L’artista trasforma l’eros in teologia estetica: la carne non scandalizza se parla greco.
Eppure, quel sorriso – appena accennato, ironico, quasi complice – tradisce il gioco. È un sorriso che dice: “So cosa state pensando, e sì, avete ragione.” La Paolina è un’icona di consapevolezza: sa di essere osservata, e gode del proprio ruolo di spettacolo. Qui siamo agli antipodi del girl power, questa è l'iscrizione nel marmo, a futura memoria, della forza traente del villo iliaco di fenotipo femminile.
Provate a immaginare la cena di gala a palazzo borghese, le decrepite contesse dai nomi altisonanti costrette dal nuovo potere a essere presenti, mentre Paolina, divinità dei nouveaux riches, esibisce il proprio ritratto con i seni puntuti, l'ombelico burroso e la schiena nuda che accenna un principio di gluteo.
4. La sensualità come geometria: il corpo in equilibrio tra classicismo e desiderio
La composizione segue un ritmo matematico: la diagonale che parte dal braccio destro e termina nella punta del piede costruisce una spirale visiva che guida lo sguardo del visitatore. È una sensualità geometrica, dove l’armonia delle proporzioni diventa un linguaggio erotico. Non ci sono eccessi barocchi, nessuna torsione drammatica: solo la calma di chi sa che la perfezione è più scandalosa dell’eccesso.
Canova non cesella solo il corpo, ma la luce. L’effetto è quello di un corpo attraversato da un respiro di pietra. Lo spettatore resta incastrato in un cortocircuito percettivo: sa che è marmo, ma lo desidera come fosse carne.
È qui che il genio del neoclassico diventa pornografia metafisica. La Venere vincitrice non è un invito, ma una trappola: l’arte che ti costringe a confessare i tuoi impulsi davanti a un museo.
5. Un erotismo illuminato (ovvero, Canova contro gli algoritmi)
In un mondo in cui la sensualità è oggi pixelata e misurata in like, la Paolina Borghese resta un monumento alla lentezza del desiderio. Non concede nulla, non finge: è marmo, è distanza, è ideale. E proprio per questo accende il cervello prima dei lombi — o almeno ci prova.
Il suo corpo non si offre, resiste. È l’erotismo come categoria intellettuale: la capacità di incarnare la forma senza cadere nella volgarità della materia. Canova crea un corpo che non si può toccare, e proprio per questo diventa ossessione.

6. La Paolina Borghese di Antonio Canova: sesso, marmo e ironia divina
L’ironia suprema è che Paolina, a differenza della Venere di Botticelli, non ha bisogno di conchiglia. Ha un divano. È la dea del comfort, del lusso, del piacere senza redenzione. E se Botticelli dipinge la nascita della bellezza, Canova scolpisce la sua maturità consapevole: quella di chi sa che la bellezza non salva, ma domina.
Se il Rinascimento aveva creato l’uomo come misura del mondo, Canova crea la gnocca come misura dell’ambiguità. Nel suo marmo lucido convivono il razionalismo neoclassico e l’erotismo preromantico, la virtù e la vanità, l’anatomia e la seduzione.
Venere non nasce più dal mare, ma dal gossip.
7. Epilogo tecnico (per chi ama i dettagli tanto quanto le curve)
Il basamento girevole, restaurato nel 19° secolo, permetteva di osservare l’opera come in una sfilata a 360°. La superficie, trattata con cere e oli naturali, è uno dei vertici della resa epidermica del Neoclassicismo. Il contrasto lucido-opaco, l’uso calibrato del chiaroscuro e la direzionalità della luce naturale nella sala rendono la visione “cinematografica” ante litteram.
La Paolina Borghese non è solo una scultura: è una dichiarazione politica travestita da corpo. È il diritto di essere desiderata senza vergogna, di giocare con la propria immagine e vincere; un'opera che voleva épater les bourgeois con gioia gaudente, prima che i decadentisti ammantassero il principio di noia e disperazione. Canova, in fondo, ha scolpito la prima influencer neoclassica: consapevole del proprio potere, ironica sul proprio mito, e perfettamente a suo agio nell’essere oggetto e soggetto insieme.
Poi vennero Waterloo, la menopausa di Paolina, Ugo Foscolo, l'ondata giacobina fu coperta di polvere e ragnatele, le acque dello tsunami si ritirarono e tutto torno al noioso status quo vaticano; a un certo punto la stessa Paolina, consapevole che il suo tempo era passato, chiese che l'opera venisse rimossa dagli sguardi libidinosi del personale di servizio, che riscuoteva piccole tangenti per organizzare visite guidate allo scandaloso capolavoro, consapevole che il suo tempo era passato. L'hip hop di Mc Solaar andò in dissolvenza, mais où sont les neiges d'antan e tutte quelle cose.

































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