La sublime arte di evitare conversazioni (e connazionali)
- The Introvert Traveler
- 6 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 2 set

Ho appena prenotato una crociera subacquea in Egitto (la terza della mia vita) e, poco dopo aver inviato il bonifico, una domanda si è fatta strada nella mia mente: "sarò così fortunato da NON trovare italiani a bordo per la terza volta di fila?". La statistica insegna che la probabilità dell'unione di eventi casuali è pari al prodotto della probabilità dei singoli eventi, e tanto più numerosi sono gli eventi, tanto meno è probabile che si ripetano. E allora, dopo aver già goduto per due volte il sottile e intenso piacere di una settimana sul mare dedito a nient'altro che alla lettura e alla contemplazione della natura, mi assale il brivido di un evento incontrollabile: la presenza di connazionali a bordo.
Ho chiesto a ChatGpt che mi ha rassicurato: non sarebbe tanto una questione di distribuzioni binomiali, quanto il fatto che, finché continuo a prenotare crociere con compagnie anglofone anziché con compagnie trattate da tour operator italiani, ho buone probabilità di non trovarmi a bordo insieme al diving club di Caserta che sale a bordo con la provvista di angurie e la radiolina impostata al massimo volume su un cantante neomelodico o con il diving milanese che carica a bordo i GAV logati Gucci con il ricamo del nome del proprietario, mentre il Giampi e la Susi commentano gli ultimi acquisti di crypto su Etoro, intercalando un "figa" ogni tre parole. Per carità, non vale solo per gli italiani; all'ultimo giro ho avuto il piacere di avere a bordo 10 agricoltori sudafricani che durante le pause di superficie mettavano musica folk boera a massimo volume e cantavano in coro, ma almeno non mi sentivo in obbligo di fare conversazione spicciola.
Ma io mi chiedo; cosa c'è di più bello di ammirare un reef circondato da acque turchesi mentre le onde si increspano sulla sommità, o un tramonto sul Mar Rosso mentre il vento caldo sferza di tepore il viso, o un barracuda che saetta sotto alle luci della barca cacciando dopo il tramonto? E' necessario rovinare tutto questo con una baldoria posticcia?
Del resto, c’è chi viaggia per conoscere il mondo e chi, più realisticamente, viaggia per prendersi una tregua dal proprio paese. Io appartengo alla seconda categoria e coltivo un’arte preziosa, misconosciuta dai manuali di viaggio e ignorata dai travel blogger col cappello a tesa larga: l’arte di stare alla larga dalla gente.
La barriera linguistica è un magnifico filtro, una cortina protettiva di discrezione e silenzio, un perfetto pretesto per evitare le chiacchiere da autobus che ti raggiungono anche a 10.000 km da casa. Trincerarsi dietro un "me sorry not understand" è il modo più efficace di alzare un muro con chi cerca l'interlocuzione spicciola. Non dover rispondere è una forma di igiene mentale. Quella frase, “you’re so quiet”, pronunciata da qualche canadese sovraeccitato sul ponte di una barca o da una signora di Denver con il taglio a caschetto, è una medaglia. Non mi interessa spiegare che non sono “quiet”, sono selettivo. Parlo quando vale la pena, non per colmare il silenzio con l’eco del nulla.
Il mito dell’arricchimento umano
C’è questo mantra ripetuto da chi scrive cartoline di se stesso su Instagram: "viaggiare ti fa crescere, ti apre alla gente, ti cambia dentro."
Sciocchezze. Viaggiare ti espone. E ciò che incontri è, nella stragrande maggioranza dei casi, un’umanità piatta, prevedibile, noiosamente entusiasta, gente che ti chiede da dove vieni senza volerti davvero ascoltare.
Sì, puoi incontrare persone straordinarie. Ma è un’eccezione. Un dono raro come trovare Bruce Chatwin a bordo. Più probabile finire seduto a cena accanto a un tizio che ti spiega quanti litri di gas ha consumato in ogni immersione.
L’introversione non è una malattia
Viaggiare senza dover socializzare è una libertà. Stare in silenzio mentre il mondo si agita attorno è un privilegio da coltivare. E se per farlo serve rifugiarsi dietro una barriera linguistica, o dietro l’apparente freddezza di un “I'm not fluent, sorry”, allora ben venga.
Il viaggio non è sempre incontro. A volte è fuga. Silenzio. Osservazione. Disconnessione. E in fondo, se il tuo itinerario non include l’incontro con te stesso, ma solo con altri esseri umani, forse stai solo facendo turismo.
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Aggiornamento Settembre 2025
Lieto fine: la crociera è passata, c'erano italiani a bordo, ed erano persone estremamente piacevoli, il che in termini probabilistici è ancora più improbabile rispetto a fare tre crociere di fila senza connazionali a bordo: praticamente come vincere al Superenalotto. Va detto tuttavia che una statistica completa dovrebbe comprendere il fatto che anche per i miei connazionali la mia presenza a bordo comportava la presenza di un connazionale, la cui piacevolezza non è affatto garantita; probabilmente, alla fine, si tratta di un grande gioco a somma zero
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