Omaggio a Central Park (New York)
- The Introvert Traveler
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 2 min

Ultima visita: dicembre 2025
Mio giudizio: 9/10
Durata della visita: 4 ore
A Manhattan tutto tende all’altezza, alla velocità, alla saturazione. Le linee salgono, i suoni si sovrappongono, i passanti accelerano come se lo spazio non bastasse mai. Poi, d’improvviso, si apre Central Park. Una forma rettangolare, calcolata con precisione, tracciata come un intervallo nella tessitura della città. Non nasce per contrasto ma per integrazione: non è l’opposto di New York, ne è una delle sue forme possibili.
Camminando lungo i suoi viali, si ha la sensazione di entrare in un sistema regolato da leggi diverse. La geometria del parco è netta, ma ciò che accade al suo interno obbedisce a una logica più sfumata: quella dell’imprevisto. Un sassofonista sotto un ponte, una partita a scacchi sotto un portico, una radura che cambia colore con le stagioni e rende provvisorio anche l’asfalto che la circonda; la natura è talmente potente e rigogliosa che, a dispetto dei titani di vetro e cemento che incombono da ogni lato a tratti puoi realmente perdere la consapevolezza di trovarti nel luogo più antropizzato al mondo e pensare davvero di essere in una lussureggiante foresta.
Il parco non isola dal contesto, lo rilegge. Attraverso i rami si intravedono le facciate vetrate dei palazzi, che smettono per un attimo di imporsi e cominciano a riflettere. La skyline non è più un’aspirazione verticale, ma una presenza che accompagna, distante e insieme vicina. Da alcune angolazioni, il museo Guggenheim compare tra gli alberi come un oggetto depositato lì per caso, benché si capisca che nulla, in questo paesaggio, è lasciato al caso.
Central Park è un luogo attraversato da molte funzioni, ma non si esaurisce in nessuna. Non è solo spazio per il tempo libero, né solo simbolo urbano, né soltanto giardino. È piuttosto una pausa inserita nella struttura stessa della città: una pausa che non serve a interrompere, ma a dare respiro. Una pausa pensata per essere riempita, giorno dopo giorno, da gesti ordinari. Correre, leggere, parlare, stare.
In un contesto in cui tutto tende al movimento e alla trasformazione, Central Park mantiene una forma stabile. Ma è proprio questa stabilità a renderlo disponibile al cambiamento continuo degli sguardi, delle stagioni, delle vite che lo abitano. È un luogo che non si impone: si lascia percorrere, sovrastando il suo ospite con la propria imponente bellezza.















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